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L'analisi di Craig O'Shannessy, coach e pioniere della match analysis nel tennis, dimostra come il formato breve dei set sperimentato alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals può essere vantaggiosamente applicato anche nel circuito
di Alessandro Mastroluca | 02 dicembre 2022
Ogni sport vive di slanci futuristici e rispetto delle tradizioni. Il tennis non fa certo eccezione, in un viaggio che va dalla difesa del bianco a Wimbledon, dove più si sente il peso della storia e del blasone, alle sperimentazioni delle Intesa Sanpaolo Next Gen Finals di Milano. Milano, cantava Ivano Fossati, è città di frontiera, città del futuro.
E per molti versi il futuro è passato da Milano. Non solo per quanto riguarda i giocatori, nel torneo riservato agli Under 21 hanno vinto Sinner, Tsitsipas, Alcaraz, hanno giocato Medvedev e Rublev, Coric e Shapovalov, Ruud e Fritz, Rune e Musetti, e l'elenco potrebbe continuare. Tante sperimentazioni, dall'Hawk-Eye Live, i sensori che hanno sostituito i giudici di linea, al coaching poi sono diventate la regola nel circuito. Non è ancora successo, invece, per l'aspetto più innovativo della manifestazione: il sistema di punteggio.
Dalla prima edizione delle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals, gli incontri si giocano al meglio dei cinque set ma con i set corti, a quattro game con tie-break eventuale sul 3-3.
Craig O'Shannessy, coach e pioniere della match analysis nel tennis che collabora anche con la Federazione Italiana Tennis, sostiene che il nuovo formato possa rappresentare il futuro del gioco. Lo fa attraverso una serie di sette confronti fra i dati registrati alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals e alle Nitto ATP Finals, che si giocano con il tradizionale formato al meglio dei tre set, nel 2021.
Il coach australiano fa notare che la partita con più punti giocata a Milano l'anno scorso, quella vinta da Lorenzo Musetti su Hugo Gaston 4-3(4), 4-3(6), 2-4, 3-4(7), 4-2 ha richiesto 217 punti. Ovvero uno in più del successo di Daniil Medvedev su Alexander Zverev nel girone a Torino. In quella partita, una delle più belle dell'edizione scorsa delle Finals, che il russo ha vinto 6-3, 6-7(3), 7-6(6), di punti se ne sono giocati 216. Dunque anche con il format breve si può andare molto per le lunghe.
Musetti e Gaston, uno spettacolo da 10 e lode
Lo conferma anche il confronto della durata media degli incontri tra i due eventi nel 2021. La differenza non è abissale, come si potrebbe immaginare alla luce dei differenti sistemi di punteggio: un'ora e 29 minuti alle Next Gen Finals, un'ora e 43 minuti alle ATP Finals.
In termini di punti, in media se ne sono giocati 132 a Milano e 144 a Torino per ogni partita. "Mettendo insieme questi due dati - fa notare O'Shannessy - ci accorgiamo che la differenza [tra le partite dei due tornei], in media, è di 12 punti giocati in 14 minuti. Non tanti. E' un tennis piuttosto lento".
Non dovrebbe sorprendere questo effetto. Anche la pallavolo, infatti, ha sperimentato un'evoluzione sostanzialmente comparabile quando ha abolito il vecchio sistema di punteggio con il cambio palla per cui i set si chiudevano a 15 ma otteneva il punto solo la squadra al servizio che riusciva a schiacciare a terra il pallone. Il rally point system, ovvero il sistema attuale per cui ogni azione vincente dà punto, è stato prima introdotto solo per il quinto set, il tie-break, e dal 1998 in tutti i set. Con il nuovo sistema, per vincere un set bisogna ottenere 25 punti: se si arriva sul 24 pari ne servono due in più degli avversari, un po' come succede nei tie-break del tennis se i giocatori sono sul 6-6. Il sistema nel volley è nato per accorciare le partite, ma oggi si vedono non poche maratone di durata pienamente comparabile a quelle di certi incontri memorabili, come quelli della Generazione di Fenomeni, la nazionale italiana del ct Julio Velasco, con il vecchio formato.
Anche nel tennis, l'abbiamo visto, il formato breve non esclude e non riduce la possibilità di partite lunghe. Ma non ne crea nemmeno troppe di davvero corte. Almeno a giudicare dall'edizione 2021 delle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals di Milano dove solo tre incontri sono durati meno di 70 minuti, esattamente come alle Nitto ATP Finals di Torino. I due formati hanno generato lo stesso numero di partite molto brevi.
La vera differenza sta nella concentrazioni di punti importanti, potenzialmente decisivi per l'andamento di un set e di un incontro. "Nel tennis non c'è niente di più emozionante delle palle break. Se sei un tifoso, metti giù il telefono ogni volta che si giocano questi punti che alla fine decidono le partite. Alle Next Gen Finals si sono viste il 62% di tutte le palle break nei due tornei. Non c'è paragone" scrive O'Shannessy.
In ciascuno dei due eventi si è disputato lo stesso numero di partite, 15. A Milano, in ben 11 occasioni si sono registrate più di 12 palle break nell'edizione 2021. A Torino è successo solo una volta. Va detto però che il punto secco sul 40 pari incide in questa valutazione. Anche per quanto riguarda i tie-break, non c'è storia: 20 quelli disputati a Milano, 9 quelli giocati a Torino.
Il formato introdotto e sperimentato alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals è sicuramente divertente per chi guarda, diverso per chi gioca. Non tutti i protagonisti del torneo hanno trovato facile abituarsi a uno scenario di costante tensione, che non consente game interlocutori, in cui non ci si può distrarre. E' un format che richiede attenzione continua, in cui magari si potrebbe prevedere sul 3-3 di arrivare a 5 e fissare il tiebreak sul 4-4.
Secondo O'Shannessy, si potrebbe utilizzare questo formato nei Challenger e negli ATP 250, che potrebbero essere rivitalizzati in termini di interesse e di presenza dei tifosi dall'utilizzo di un format con meno pause tra un punto chiave e l'altro. Il coach australiano manterrebbe invece il format attuale al meglio dei tre set per ATP 500 e Masters 1000, e al meglio dei cinque per gli Slam. In questo modo, il sistema di punteggio rispecchierebbe il prestigio dell'evento.
I nuovi Next Gen: la metà sono italiani
Ma il tennis avrebbe bisogno più che altro di uniformità, di individuare un formato quanto più possibile univoco, anche per una più facile comprensione allo spettatore occasionale che si avvicina allo sport. Come si è fatto nei quattro Slam che fino a poco tempo fa avevano quattro regole diverse per il punteggio nel quinto set e per il tie-break decisivo.
Se innovazione deve essere, che sia generalizzata. Se si sceglie la via della tradizione, che si trovi una formula unica anche nei dettagli ( punto secco sul 40 pari sì o no, match-tiebreak o terzo set classico nei doppi) e la si mantenga in tutti i tornei. Mantenendo magari la differenza fra i tre i cinque set, che pure si potrebbe mettere in discussione, per gli Slam. Ma dentro ciascun set, in singolare e in doppio, sarebbe più semplice per uno sport che accadano le stesse cose in qualsiasi torneo.