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Alexander Dolgopolov si ritira: "Non ho battuto record, ho fatto divertire"

L'ucraino ha giocato la sua ultima partita tre anni fa agli Internazionali BNL d'Italia. Ha annunciato ufficialmente il suo addio al tennis. Ha vinto tre titoli e raggiunto un best ranking di numero 13

di | 01 maggio 2021

"Non ho battuto nessun record, ma credo di aver giocato un tennis divertente". Nelle parole al sito dell'ATP di Alexander Dolgopolov c'è tutto il senso del suo passaggio nel mondo del tennis. L'arrivederci di tre anni fa oggi è diventato un addio. L'ucraino si ritira ufficialmente.

Ha vinto tre titoli su nove finali disputate, a Umago nel 2011, Washington nel 2012 e Buenos Aires nel 2017. Ha raggiunto i quarti all'Australian Open 2011, completato dieci vittorie contro Top 10 e chiuso otto stagioni di fila tra i primi 70 del mondo. 

Ma tutte queste informazioni non dicono perché sia stato così amato, perché in Italia un gruppo di tifosi ha addirittura creato sui social un'auto-definita setta per il "Guru" Dolgopolov. 

Figlio dell'ex allenatore di Andrei Medvedev, numero 4 del mondo e avversario di Andre Agassi nella memorabile finale del Roland Garros 1999 in cui lo statunitense rimontò uno svantaggio di due set completando il Career Grand Slam, è praticamente nato con la racchetta in mano.

"Le sue qualità atletiche e il suo gioco non erano secondi a nessuno. Quello che riusciva a fare era incredibile" ha detto il pittoresco coach australiano Jack Reader che l'ha accompagnato nel periodo migliore della sua carriera.

Da artista auto-indulgente e un po' capriccioso quale sapeva essere, Dolgopolov performava solo in presenza di particolari condizioni. "Dovevo essere in un mood buono per giocare il mio tennis migliore" ha ammesso, "era semplice. A volte, mi sentivo stanco oppure ero giù e avrei avuto bisogno di desiderare di competere. Ma a volte non succedeva".

Sicuramente si è divertito a Indian Wells nel 2011 quando ha conquistato con il belga Xavier Malisse il suo unico in doppio vincendo tutte le cinque partite al match tiebreak, compresa la finale contro Roger Federer e Stasn Wawrinka.

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Nel corso della sua carriera, ha ottenuto anche due semifinali Masters 1000, a Indian Wells 2014, torneo in cui ha battuto anche Rafa Nadal al terzo turno, e a Cincinnati nel 2015. In Ohio, ha avuto la grande occasione di superare Novak Djokovic. Ha vinto il primo set, è stato avanti 3-0 e 5-4 nel tiebreak del secondo set, ma ha perso al terzo. 

Proprio contro Djokovic, agli Internazionali BNL d'Italia, ha giocato quella che sarebbe stata la sua ultima partita in carriera. Era il 14 maggio 2018.

La luce si sarebbe affievolita dentro ricordi smerigliati, frantumi di specchi, frammenti effimeri di malinconica bellezza. Malinconica perché passata, comparsa velocemente e non sempre con continuità, imprevedibile come le ispirazioni ma capace di restare impressa come una tela cangiante. Una sfida alla fugacità e alla riproducibilità tecnica dell'arte.

Nel tennis ha promesso di non tornare, almeno per i prossimi cinque o dieci anni. Seguirà la sua seconda carriera nel business, continuerà a guidare la sua Porsche Cayenne e a correre su una Nissan GT-R. Magari inciderà altre canzoni, come ha fatto Denis Shapovalov. Tornerà a Kiev, come ha detto, per stare più vicino alla famiglia. Il tennis sarà solo un ricordo.

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