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Nella notte italiana, in quella che poteva definirsi la finale anticipata del torneo, Naomi ha spezzato ancora una volta il sogno di record Slam della Williams. Nell’altra sfida di fronte la statunitense ha sconfitto la ceca Muchova in tre set raggiungendo la sua prima finale Slam
di Tiziana Tricarico | 18 febbraio 2021
Saranno Naomi Osaka e Jennifer Brady le protagoniste della finale femminile che sabato assegnerà il titolo degli Australian Open, primo Slam del 2021 che si sta avviando alle battute conclusive sul cemento di Melbourne Park.
La sindrome da record Slam ha colpito di nuovo e Serena dovrà attendere ancora: ma stavolta almeno è solo ed esclusivamente merito della sua avversaria, semplicemente devastante. Nella notte italiana la giapponese Naomi Osaka, n.3 del ranking e del seeding, ha battuto per 63 64, in un’ora e un quarto esatta di partita, la statunitense Serena Williams, n.11 WTA e decima testa di serie.
Sfida nobile e sfida tra regine, visto che entrambe sono state sul trono mondiale. E confronto generazionale tra la statunitense, 39 anni, e la nipponica, 23 anni. E pure - con tutto il rispetto per le altre due semifinaliste - finale anticipata.
La nippo-americana di Osaka era in vantaggio per 2-1 nel bilancio dei precedenti: Naomi si era imposta in due set al primo turno di Miami ed in finale agli Us Open sempre nel 2018, Serena aveva vinto nei quarti di Toronto nel 2019, sempre in due set.
Per quel che contava, le due si erano affrontate anche a fine gennaio nella super esibizione che aveva chiuso la “bolla di lusso” ad Adelaide ed aveva vinto la Williams al super tie-break..
Serena - alla 40esima semifinale in un Major, la nona a Melbourne dove vanta ben 7 titoli - ha iniziato con molta determinazione (2-0) approfittando di una Naomi un po’ “sonnacchiosa” che ha anche evitato il doppio break grazie ad un errore di diritto dell’americana.
Ed ancora un diritto è costato caro alla Williams che, dopo aver avuto tre chance del 3-1 si è ritrovata sul 2-2. Osaka ha aumentato il ritmo e, dopo aver annullato con un rovescio vincente una palla-break anche nel quinto gioco, ha allungato a cinque la striscia di game consecutivi salendo 5-2. E soprattutto lasciando sempre più spesso la sua avversaria a tre metri dalla palla. Serena ha fermato l’emorragia (5-3) ma Naomi si è assicurata il primo parziale (6-3) con un diritto vincente.
L’americana ha accusato il colpo ed ha ceduto di nuovo la battuta anche in avvio di seconda frazione, arrendendosi ad un rovescio vincente della giapponese salita poi sul 2-0 grazie a due ace consecutivi.
Nell’ottavo gioco la Osaka ha rimesso in corsa la Williams concedendole il contro-break con il terzo doppio fallo del game (4-4) ma si è rimessa subito in modalità ingiocabile strappando a zero la battuta a Serena con ben tre rovesci vincenti. E poi ha archiviato la pratica (6-4) con un parziale di 8 punti a 0. Semplicemente devastante.
In termini di ranking l’americana risalirà in settima posizione ma di sicuro non le interessa visto che per lei l’obiettivo resta sempre lo stesso: agguantare quel benedetto record di titoli Slam in singolare di Margaret Court (24).
E per la Williams, ferma a quota 23 da quattro anni - l’ultimo Major lo ha conquistato proprio in Australia nel 2017 (battendo in finale Venus) quando era già in dolce attesa della piccola Olympia - si sta trasformando sempre più in un vero e proprio incubo.
“All’inizio ero molto tesa, poi mi sono sciolta - ha commentato a caldo Osaka -. “La cosa importante era divertirsi visto che si poteva giocare di nuovo davanti al pubblico. Da bambina ammiravo tantissimo Serena e giocare contro di lei è sempre una grandissima emozione”. Prestazione maiuscola della giapponese che ha risposto benissimo. “Sembrava sapessi sempre dove sarebbe andata la prima di Serena? Beh, non c’erano molte alternative: o a destra o a sinistra…. Credo che la mia prossima avversaria, chiunque sia, sarà comunque tesa, io alla mia prima finale Slam lo ero…”.
Naomi giocherà sabato per la quarta volta la finale in un Major, la seconda nell’”Happy Slam”: nelle tre precedenti - Us Open 2018, Aus Open 2019 e Us Open 2020 - ha sempre finito poi per portarsi a casa il trofeo…. Se vincerà il torneo risalirà in seconda posizione scavalcando la Halep ma il trono mondiale, sul quale si era seduta esattamente due anni fa proprio dopo il trionfo a Melbourne, rimarrà della Barty.
Nella semifinale meno prevedibile, infatti, la statunitense Jennifer Brady, n.24 del ranking e 22 del seeding, si è imposta per 64 36 64, in un’ora e 55 minuti di partita, sulla ceca Karolina Muchova, n.27 WTA e 25esima testa di serie, raggiungendo la sua prima finale Slam.
Tra le due, mai così avanti in carriera a Melbourne, c’era un solo precedente, favorevole alla tennista ceca che si era imposta al tie-break del set decisivo negli ottavi del WTA di Praga nel 2019 (terra rossa). Jennifer, 25enne di Harrisburg, in Pennsylvania, alla sua seconda semifinale Slam - dopo quella agli Us Open dello scorso settembre (fermata da Osaka, poi vincitrice del titolo) - è partita benissimo: 2-0 grazie al break al secondo gioco e doppia chance del 3-0, sprecata con un errore di rovescio ed uno di diritto, prima di concedere il contro-break con un doppio fallo.
Karolina, per la prima volta al penultimo atto di un Major, ha ringraziato e con un parziale di otto punti di fila ha rimesso tutto in discussione (2-2). Le due hanno difeso con una certa tranquillità i rispettivi turni di battuta fino al decimo gioco, quando Muchova è tornata a concedere una palla-break e con un doppio fallo ha consegnato il primo set a Brady (6-4).
Bella reazione della ceca che, con un parziale di otto punti a uno, ha iniziato nel migliore dei modi la seconda frazione (2-0). Karolina ha servito con maggiore incisività, ha sfruttato la sua maggiore varietà di colpi ed ha controllato un’avversaria diventata un po’ troppo fallosa. Nel nono game, dal 40-15, Brady ha perso quattro punti di fila ed ha restituito il “favore” consegnando il secondo set a Muchova, anche lei con un doppio fallo (6-3).
Karolina è partita tenendo con autorità la battuta anche in avvio di frazione decisiva ma nel terzo game, con un doppio fallo e ben tre errori di diritto, ha concesso il break. Brady ne ha approfittato per allungare sul 3-1.
La statunitense ha controllato bene fino ad un decimo gioco da psicodramma dove ha rischiato di rovinare tutto: preda dell’ansia, mollata improvvisamente sul più bello dal diritto e soprattutto dalla prima di servizio, ha fallito quattro match-point (uno di un soffio troppo lungo), ha annullato tre palle-break con grossa collaborazione del rovescio di Muchova, prima di riuscire a chiudere alla quinta opportunità su un diritto lungo della ceca (6-4).
“Le mie gambe continuano a tremare ed il mio cuore sta battendo fortissimo - le parole a caldo di Jennifer -. Sono felicissima di aver giocato di nuovo davanti al pubblico. La prossima sfida contro Osaka sarà durissima, lei è una che ha già vinto tanti Slam. So che sarò tesa ed anche molto emozionata ma va bene così”.
In ogni caso Jennifer è già sicura di ritoccare e di parecchio il best ranking: da n.24 è già virtualmente n.13 (sarà 12esima in caso di conquista del trofeo).
Brady sarà la settima giocatrice a debuttare in una finale Slam negli ultimi nove Major che si sono disputati: prima di lei ci sono riuscite Osaka (Us Open 2018, quando vinse il titolo), Barty (Roland Garros 2019, quando vinse il titolo), Vondrousova (Roland Garros 2019), Andreescu (US Open 2019, con conquista del trofeo), Kenin (Australian Open 220, con conquista del trofeo) 2 Swiatek (Roland Garros 2020, con conquista del trofeo).
Nel bilancio dei precedenti Osaka è in vantaggio per 2-1 con Brady e si è aggiudicata proprio le ultime due sfide, al primo turno di Charleston nel 2018 ed in semifinale agli Us Open dello scorso anno (in tre set lottati. L’unico successo della 25enne di Harrisburg è datato 2014, al primo turno dell’ITF di New Braunfels.