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Lungo la Senna/4: Alcaraz e Djokovic, la corsa all'oro è un passo a due?

Programma cancellato su tutti i campi, tranne Chatrier e Lenglen su cui si gioca indoor. Le previsioni annunciano sole per i prossimi giorni. Nole potrebbe incontrare Rafa al secondo turno

di | 27 luglio 2024

La Tour Eiffel con i cinque cerchi dei Giochi 2024 (Foto Getty, grafica Vecteezy)

La Tour Eiffel con i cinque cerchi dei Giochi 2024 (Foto Getty, grafica Vecteezy)

Piove dalle nuvole sparse. Torna, come un incubo ormai ricorrente, il tormentone che fu degli Internazionali d’Italia dello scorso anno, eppure erano di maggio, e del Roland Garros di un paio di mesi fa, eppure era di giugno (è successo anche Wimbledon, ma lì sarebbe anormale se non accadesse): play not before… Ordini di gioco stravolti dalla pioggia, e di conseguenza i piani dei giorni successivi, attese lunghe come i musi che provocano, giocatori in stand-by per ore tra un attrezzo e l’altro in palestra. Snervante. Ad un certo punto, hanno mandato tutti via. Incontri cancellati come i voli nel giorno del blackout informatico.

ORDINE DI GIOCO, TABELLLONI E RISULTATI

Tutti, tranne Luciano Big Darderi e Saretta Errani, rimasti a prendersi un altro po’ di umidità, prima della resa finale. Tutti in albergo, a quel punto. Le buone notizie sono due. La prima: le previsioni giurano che tra poco si riaccenderà il sole. La seconda: questi rallentamenti producono qualche ora di avvicinamento in più per il nostro Lorenzo Musetti, che domani mattina si catapulterà da Umago, con due appuntamenti in agenda: subito in singolare contro quel mattacchione di Monfils e lunedi in coppia con Darderi (doppio mai provato nemmeno per scherzo) contro i rodati Jarry e Tabilo. 

Anche le cattive notizie sono due. Oddio, cattive per noi, che ci ostiniamo ad avere ambizioni di medaglie. La prima: lo stato di grazia di Carlitos (il brigante) Alcarez. La seconda: lo stato di grazia di Novak (Nole) Djokovic. Non avevano avversari memorabili (rispettivamente, il libanese Habib e l’australiano Ebden), ma li hanno trangugiati come si fa con un bicchiere d’acqua in un giorno d’estate, hai voglia a dire che è gelata, bevi piano…

Giustamente posizionati sui due campi coperti del Roland Garros (vi sembran pochi? Ricordatevi di quanti ne ha il Foro Italico, già), hanno finito in gloria più o meno negli stessi istanti, e per chi in quel momento si trovava nel viale che collega lo Chatrier al Lenglen i boati del pubblico erano entrambi richiami irresistibili e finivano per produrre lo stesso imbarazzo dei celebri calici fantozziani (ricordate? A cena dalla contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare…, “… cinque calici sfasati sulla sinistra, altri cinque a destra”): da chi andare? Di chi godere? Chi applaudire? In una giornata che ha regalato poche gioie tennistiche, perché sparute sono state le esibizioni, il pubblico non si è voluto perdere il meglio: tribune piene, entusiasmo alle stesse, applausi per tutti, vincitori e vinti, in perfetto stile olimpico, ma soprattutto per i vincitori, se poi sono quei due… 

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Stanno tutti bene, era un film struggente di un giovane Tornatore con un anziano Mastroianni. Nel nostro caso, nessuna malinconia, ma qualche timore che la battaglia per l’oro sia faccenda che interessa innanzitutto il giovane brigante e il vecchio leone, che infatti, praticamente all’unisono anche nella piovosa zona mista allestita all’aperto, certificano: “Stiamo bene, le sensazioni sono giuste, l’obiettivo è arrivare in fondo”. Il traguardo è unico, le motivazioni sono diverse: Carlitos ha l’entusiasmo dell’esordiente che vive tutto con la leggerezza di chi sa che è il più forte oggi e lo sarà tra quattro e magari anche otto anni. E infatti con classe ed entusiasmo, appunto, trascina in doppio anche fratellone Nadal. Novak la cattiveria del veterano all’ultimo atto che non può lasciare nulla al caso perché a Los Angeles, nel 2028, ci andrà da allenatore o commentatore tv.

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Averne di questi imbarazzi. Guardiamo con un misto di invidia e tristezza la facilità con cui Alcaraz si è inserito nel contesto olimpico – selfie con tutti, sorrisi, pacche sulle spalle di compagni e avversari, non un fiato per il letto di cartone o la cucina un po’ così del Villaggio -, pensiamo a cosa sarebbe stato seguire Jannik nelle sue escursioni a cinque cerchi, quali emozioni avrebbe generato nel meraviglioso popolo olimpico.

Per il suo bene e la nostra serenità, dobbiamo definitivamente andare oltre: lasciamoci alle spalle le frasi lasciate a metà da Giovanni Malagò, le allusioni nemmeno troppo velate della Pellegrini, le introspezioni psicologiche dei giornaloni (tutto legittimo, per carità). Nemmeno il dibattito generato dalla cerimonia d’apertura più controversa della storia ha consentito al capitolo Sinner di andare in archivio. Anche qui, a ventiquattrore di distanza, resta un po’ di invidia per quella supponenza che di solito consente ai francesi di fregarsene di quel che pensa il resto del mondo.

Sabato, lungo la Senna, hanno lanciato tutti i messaggi che volevano, come volevano, senza stare tanto a girarci intorno. Chapeau.

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