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Next Gen Nakashima si prende il primo titolo: conosciamolo meglio

L'americano ha fatto centro proprio a San Diego, la sua città ed è rientrato tra i primi 50 del mondo. Semifinalista alle Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals 2021, quest’anno può tornare per vincere. Se non avesse fatto il tennista si vedrebbe ingegnere. Che cosa fa nel tempo libero e che cosa gli piace vedere al cinema

27 settembre 2022

Brandon Nakashima ha perso solo un set la scorsa settimana al San Diego Open, dove ha conquistato il suo primo titolo ATP Tour battendo in finale 6-4, 6-4 il connazionale Marcos Giron nella finale di domenica. La vittoria, che è arrivato alla sua terza finale nel tour, è stata resa ancora più dolce dal fatto di essere arrivata proprio nella città dove Brandon è nato il 3 agosto di 21 anni fa.

Con le cinque partite vinte a San Diago, Nakashima è entrato nella Top 50 mondiale e ha raggiunto un nuovo best ranking: n. 48 del Pepperstone ATP Ranking. I colleghi di ATP Tour lo hanno intervistato per raccogliere le sue impressioni dopo questa prima pietra miliare della sua carriera.

Cosa significa per te conquistare il tuo primo titolo ATP Tour?

“È una sensazione super-speciale. Dopo aver giocato due finali l'anno scorso e averle perse entrambe, non riuscivo a immaginarmi che questo momento sarebbe accaduto di nuovo, essere in campo per una finale... per non parlare del fatto che potesse succedere proprio mia città natale, San Diego. Vincere il mio primo titolo è davvero super-speciale. Per tutta la settimana ho giocato ad alto livello. Sono super-orgoglioso di me stesso per tutto il duro lavoro che mi ha portato a questo primo traguardo”.

Come ci si sente a vincerlo a San Diego?

“Come dicevo, è fantastico. È una sensazione incredibile anche solo venire qui e giocare un torneo ATP dove sono cresciuto, dove ho imparato a giocare. Devo ringraziare tutta la mia famiglia. Hanno fatto un ottimo lavoro con me, aiutandomi a crescere. Sono molto grato anche a tutti i miei allenatori, dall’epoca dei tornei nelle giovanili fino ad ora. Ci sono tante persone qui a San Diego che mi hanno aiutato lungo la strada e alle quali sono molto grato”.

Come ti descriveresti come giocatore e come ti descriveresti come persona fuori dal campo?

“In campo mi definirei calmo, composto, uno che cerca sempre di rimanere concentrato là fuori, super solido dalla linea di fondo. Uno che cerca di non regalare troppi punti con errori gratuiti. Ovviamente penso che il mio servizio e la risposta siano migliorati nel corso dell'anno. Sono super felice di come il mio gioco è migliorato. Anche fuori dal campo, mi definirei anche piuttosto rilassato, calmo. Mi piace stare con la mia famiglia e gli amici durante il mio tempo libero”.

Questo è un momento fondamentale della tua carriera. Come festeggerai questa vittoria?

“Non lo so ancora. Ovviamente essendo nella mia città natale, stasera potrò andare a casa mia a festeggiare con la squadra. Non devo tornare prendere un aereo e tornare qui per farlo, come mi toccherebbe fare se fossimo da qualche altra parte nel mondo. Sono sicuro che staremo tutti insieme: la mia famiglia e i miei allenatori. Probabilmente usciremo a cena e ci godremo questo momento il più possibile”.

Qual è la tua più grande passione al di fuori del tennis?

Amo guardare e praticare altri sport. Giocare a golf nei miei giorni liberi, guardare il calcio. Mi piace il baseball e faccio il tifo per la squadra di San Diego (Padres). Per me è super divertente ed eccitante anche solo seguire altri sport e staccare un po’ con la mente, staccare dal tennis. Penso sia molto importante per me farlo”.

Se non fossi diventato un tennista professionista, che lavoro pensi avresti fatto?

“Crescendo, a scuola e all'università, ho sempre amato materie come matematica e scienze. Quindi se non fossi un tennista professionista, probabilmente sarei qualcosa come un ingegnere o un esperto di informatica. Erano le mie materie preferite al liceo e all'università”.

Pensi che la tua decisione di andare al college prima di diventare professionista ti abbia aiutato a raggiugere risultati come questo?

“Sì, ne sono convinto. La vita e l'atmosfera del college (University of Virginia) mi hanno sicuramente aiutato, mi hanno preparato per certi momenti e situazioni del tour professionistico. Devo molto a tutti i ragazzi della squadra e agli allenatori che mi hanno seguito. Mi tengo in contatto con loro, ho buoni rapporti con tutti. Penso che la vita al college mi abbia sicuramente aiutato a prepararmi per tutti i viaggi che ho fatto e che farò”.

A parte il lato tennistico, qual è il tuo aspetto preferito di viaggiare per il mondo in Tour?

“Penso che sia la possibilità incontrare nuove persone in giro per il mondo, provenienti da paesi diversi, culture diverse. Crescendo, non ne ho avuto la possibilità, quindi poterlo fare ora e fare qualcosa che amo – giocare a tennis, viaggiare – è una sensazione speciale. Ogni volta che sto per partire per una nuova destinazione, sono super eccitato”.

Abbiamo letto che il tuo film preferito è “Creed”. Pensi di condividere qualche qualità con Rocky o “Donnie” Creed quando si tratta del tuo tennis?

“Non credo, non granchè. (Ride.) Forse solo la grande competitività che c’è nel circuito. Crescendo ho sempre amato i film ambientati nel mondo dello sport e questo è stato sicuramente quello che mi è piaciuto di più”.

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