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Nick Hardt, il gioiellino Next Gen dei Caraibi

Sulle orme del 'vecchietto' Estrella Burgos, ritiratosi nel 2019, il 20enne dominicano prova a mantenere viva una tradizione che vede il piccolo Paese del Centro America tra i più attivi dell'area nel mondo della racchetta. Primo obiettivo: giocare gli Slam

di | 17 dicembre 2020

Il dominicano Nick Hardt in azione

Il dominicano Nick Hardt in azione

Poco più di un anno fa, Victor Estrella Burgos decideva di chiudere la sua carriera, all'età di 39 anni e con il meglio della sua vita sportiva vissuto proprio alla fine, ben oltre le 30 primavere. Un bell'esempio di longevità, quello del dominicano, capace di raggiungere un best ranking di numero 43 Atp e di vincere tre titoli del circuito maggiore, tutti a Quito, in Ecuador, tra 2015 e 2017. I suoi ultimi due match di doppio, proprio in quell'ultimo Challenger disputato a Santo Domingo e prima ancora in Coppa Davis, Victor li ha giocati accanto a quello che adesso vorrebbe prendere il suo posto nei cuori degli appassionati del Paese caraibico.

Lui si chiama Nick Hardt, ha 20 anni ed è dunque a pieno titolo un Next Gen, anche se magari meno in vista rispetto ad altri coetanei. La sua posizione numero 552 nel ranking Atp, insieme al titolo colto domenica scorsa proprio nel 15 mila dollari di Santo Domingo, sono però sufficienti a farne un personaggio degno di nota, almeno in patria. Se teniamo conto che Estrella Burgos vinse il suo primo match ufficiale nel Tour Itf a 22 anni, per gli standard e le tradizioni della Repubblica Dominicana, Nick è da considerarsi come un talento prematuro, ancorché non lo sia in termini assoluti.

 

 

Nell'ultima settimana, Hardt ha inserito il turbo: sul cemento di Santo Domingo ha battuto cinque americani di fila, quattro dei quali (compreso il quasi coetaneo Crawford in finale) dominati dal primo all'ultimo quindici. Si è trattato del terzo titolo in carriera nel circuito Itf, il primo del 2020. Un successo che adesso avrà bisogno di essere replicato a un livello superiore.

“Durante la sospensione del Tour a causa della pandemia – ha spiegato il dominicano – ho fatto fatica a mantenere la condizione. Ma appena c'è stata la possibilità di tornare a giocare, l'ho sfruttata e mi sono fatto trovare pronto alla ripresa. Ho la fortuna di avere un campo da tennis a pochi metri da casa dei miei genitori, a Sosua, e questo è stato un grande vantaggio mentre non si poteva viaggiare".

"Credo che il 2021 potrebbe essere il mio anno, sarà senz'altro quello in cui dovrò dimostrare di meritare un posto più in alto nel ranking mondiale”. L'obiettivo non è soltanto fare bene nel Tour, individualmente, ma pure portare il team di Davis dominicano là dove non è mai stato: “Nell'élite – sottolinea Hardt – ossia nelle Finals. Bisogna sognare in grande, no?”.

 



Voglio portare la Repubblica Dominicana alle Finals di Davis. Bisogna sognare in grande, no?

I sogni non li toglie nessuno a questo ragazzo dall'aria sbarazzina, che pare persino più giovane dei suoi 20 anni. Del resto non sono – i suoi – sogni nati ieri, bensì parecchi anni fa, prima delle buone prestazioni fatte segnare da Junior, con il numero 16 al mondo come primato personale e alcuni risultati degni di nota: i quarti di finale al Roland Garros 2018, per dirne uno. Nick ama il cemento e pure la terra, si definisce un giocatore moderno e completo, pur con importanti margini di crescita.

In Italia lo abbiamo imparato a conoscere qualche anno fa, quando frequentava i tornei nello Stivale dedicati agli Under 18, come Salsomaggiore (dove raggiunse la semifinale battendo quattro azzurrini di fila), Santa Croce e Bonfiglio di Milano. Adesso, a seguirlo ci sono i tecnici della Img Academy di Bradenton, in Florida, che cercano di forgiarne il talento, senza trascurare un fisico già ben formato: un metro e 83 di altezza per circa 80 kg di peso, Hardt ha l'elasticità per poter sfornare prestazioni importanti anche sulla lunga distanza.

Repubblica Dominicana, da Estrella Burgos a Hardt

“Ho sempre ammirato soprattutto Roger Federer per la sua eleganza e la sua classe – spiega riguardo ai suoi idoli d'infanzia – ma non posso nemmeno dire che non mi abbia impressionato Rafael Nadal, di cui apprezzo la capacità di lottare oltre ogni limite, di giocare ogni punto come se fosse quello da cui dipende la sua vita. La mia carriera giovanile è stata solo l'inizio di tutto, ma non la dimenticherò mai perché è stata come il primo passo di un cammino che mi auguro possa essere lungo, molto lungo. La mia meta? È giocare gli Slam tra i professionisti, credo di avere le qualità per farlo e gli ultimi anni me lo hanno confermato. Per tutto quello che ho raggiunto, e per quello che raggiungerò in futuro, dovrò dire grazie ai miei genitori, che sono la chiave di ogni mio traguardo. Mi hanno insegnato che in questa vita si può fare qualsiasi cosa, a patto di crederci davvero”.

Probabilmente la pensava così pure Estrella Burgos, quando a 20 anni nemmeno aveva ancora sperimentato cosa vuol dire giocare contro un professionista. Adesso Hardt prova a spingere l'asticella un po' più in alto. 

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