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Cinque anni fa l'argentino è stato l’unico sopravvissuto di un incidente stradale, costato la vita ai suoi due migliori amici. È riuscito a riprendersi solo grazie al padel. Martín nel 2020 è stato eletto giocatore rivelazione e quest’anno punta in alto con Paquito Navarro, che è sicuro: “Diventerà numero uno”
di Marco Caldara | 22 aprile 2021
“Sono certo che un giorno Martín diventerà numero uno del mondo”. La storia della loro coppia è iniziata con una sconfitta a sorpresa a Madrid, ma Paquito Navarro non ha dubbi: prima o poi il suo nuovo compagno Martín Di Nenno arriverà lassù in cima. Altrimenti non l’avrebbe scelto come partner per la stagione 2021: una sorta di investitura ufficiale per il 24enne di Ezeiza, provincia di Buenos Aires, da anni fra i talenti in ascesa del padel internazionale.
“El Turquito”, che con lo spagnolo forma la quarta miglior coppia del circuito, è arrivato nel World Padel Tour da giovanissimo, insieme ai tanti volti nuovi argentini che oggi popolano i piani alti della classifica. Ma solo nel 2020 è riuscito finalmente ad affermarsi fra i grandi, giocando quattro semifinali in undici tornei (due con Agustín Gómez Silingo e due con Maxi Sánchez), qualificandosi per la prima volta al Master Finàl e meritandosi il premio “Giocatore Rivelazione dell’anno”, passato in precedenza dalle mani di Franco Stupaczuk, Ale Galan e Juan Lebron.
“Il nostro obiettivo come coppia – ha detto – è quello di diventare i migliori del mondo. Credo che nessuno che sogna in grande in uno sport debba ambire a qualcosa di diverso”. Ha ragione, anche perché i due si completano benissimo: Navarro è spettacolare, attacca alla grande e fa un uso magistrale dei vetri, mentre lui è un solido giocatore di destra, regolare e ottimo in difesa. Qualità affinate sin da piccolissimo: i genitori Marcelo e Roxana sono tutt’ora proprietari di un piccolo club a Ezeiza chiamato El Solar, dove lui ha mosso i primi passi diventando in fretta uno dei giovani di punta in Argentina.
Ha vinto tutto quello che c’era da vincere insieme a Stupaczuk, così ad appena 16 anni ha iniziato a viaggiare sempre più frequentemente in direzione Spagna per le tappe del World Padel Tour, nato ufficialmente proprio in quel 2013. Da allora ci sono tracce (e sempre più evidenti) dell’argentino in tutte le stagioni, fatta eccezione per il 2016. L’anno buio nel quale per Martín il padel si è trasformato in un dono, aiutandolo a godere a pieno della seconda possibilità che la vita gli ha regalato.
Tutto è cambiato l’11 gennaio di cinque anni fa, quando si trovava a Buenos Aires durante l’off-season ed era in auto insieme all’amico Gastón Rodríguez e ad Elías Estrella, come lui uno dei volti nuovi del padel internazionale, col quale aveva fatto coppia più volte e vinto il mondiale giovanile con l’Argentina. Si stavano recando in Paraguay per giocare un’esibizione, quando la loro auto è stata coinvolta in un terribile incidente con un autobus, e dei tre Di Nenno è stato l’unico sopravvissuto.
Un episodio che ha ribaltato il suo modo di vedere la vita, con il padel diventato l’arma per rialzarsi e superare i traumi: quelli fisici, come la rottura del femore della gamba destra, del ginocchio della sinistra e vari altri problemi; e soprattutto quelli psicologici. “Per chi si trova coinvolto in delle situazioni estreme come quella accaduta a me – ha detto in un’intervista al quotidiano argentino La Nación – la vita inevitabilmente cambia. È cambiato il mio modo di vedere tante cose e la vita in generale: oggi do più valore alla famiglia, agli affetti e a tutto ciò che mi circonda”.
Le migliori giocate di Martin Di Nenno nel 2020
Dopo l’incidente Martín è stato 10 giorni in terapia intensiva e un mese a letto, subendo vari interventi chirurgici, ma appena ha potuto alzarsi ha iniziato a impegnarsi come mai prima, facendo anche quattro sedute di riabilitazione al giorno con il solo obiettivo di tornare presto su un campo da padel.
“È stato fin da subito il mio unico scopo. Secondo i medici non ci sarei riuscito prima di un anno e mezzo, ma non importava. L’avrei fatto anche se me ne fossero serviti dieci. Il padel è stato il mio rifugio: senza di quello non avrei avuto nulla a cui aggrapparmi”.
“Invece ho trovato una via di fuga per andare oltre all’accaduto e superare lo shock: volevo a tutti i costi tornare a giocare. Anche come tributo a Elías e Gastón: erano i miei due migliori amici, uno nel padel e l’altro nella vita di tutti i giorni”. Nove mesi dopo era di nuovo in campo, e nel 2017 ha fatto il suo ritorno nel World Padel Tour, riprendendo una scalata che gli è valsa il premio di rivelazione del 2020. Un riconoscimento che per lui vale molto di più che per chi l’ha preceduto, visto che è stato istituito proprio in memoria di Elías Estrella.
L’esplosione definitiva dell’argentino, che dell’incidente di cinque anni fa conserva ancora una manciata di viti nel femore (e lì rimarranno: erano attaccate all’osso perciò sono state limate invece che rimosse), è dovuto al lavoro psicologico, svolto con un mental coach. “Per qualsiasi atleta – dice ancora – la testa è tutto. Va di pari passo con la condizione fisica. Puoi giocare bene, ma se mentalmente non hai la giusta attitudine non vai da nessuna parte. È quanto successo a me, specialmente dopo l’incidente: mi allenavo bene, seguivo tutti i consigli alla lettera, ma non riuscivo a esprimere il mio valore perché mentalmente avevo delle difficoltà. Ho iniziato a lavorarci e adesso sto giocando il miglior padel della mia vita: tutto parte dalla testa”.
Sistemata quella, il prossimo step è atletico, per reggere i ritmi imposti al gioco dal duo Galan/Lebron. “Se riguardiamo le partite di 4-5 anni fa, sembra che la palla vada pianissimo: hanno aggiunto fisicità, aggressività e velocità al gioco. Chi vuole batterli deve adattarsi, altrimenti ha zero possibilità. Nei prossimi anni vedremo un padel sempre più elettrizzante”. E lui sarà uno dei protagonisti.