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“Ha tennis il timing sulla palla su tutti i colpi, che è molto difficile da imparare, più velocità, soprattutto di piedi, e resistenza” ha detto Stefano Cobolli, padre e coach di Flavio. Sul doppio ruolo rivela: “Provavo emozioni più forti da semplice genitore quando Flavio giocava a pallone"
di Vincenzo Martucci | 18 gennaio 2024
Flavio Cobolli, numero 100 del mondo, 21 anni, romano d’adozione, partendo dalle qualificazioni supera 2 turni nel tabellone principale all'Australian Open di Melbourne: dai 5 set contro Jarry al successo su Kotov. E venerdì (alle 9 ora italiana) sfida l’idolo di casa, De Minaur.
Stefano Cobolli, da ex tennista pro ad allenatore-papà: com’è il doppio ruolo?
“Provavo emozioni più forti da semplice genitore quando Flavio giocava a pallone che a tennis: questo è il mio sport, ne capisco di più e mi sono sempre riuscito a distaccare un po’ perché provo emozioni più da coach”.
Come si fa a scindere i due ruoli?
“La mia soluzione è stata quella di avvalermi di un’altra persona che faccia da filtro. Fuori, gli lascio i suoi spazi: altrimenti non potremmo vivere 300 giorni l’anno insieme”.
Si è mai confrontato con un padre-padrone del tennis come Richard Williams o con chi ha usato le maniere forti?
“No, perché ogni situazione è diversa. Capisco chi - vedi papà Agassi o una mamma autoritaria, come quella di Rune - si impone in un certo modo sin da quando il figlio è molto piccolo perché ne intravede le grandi possibilità: può ottenere grandi risultati come fargli lasciare lo sport. Per me è più importante crescere per la vita che emergere solo nello sport”.
Dal vademecum del papà di un atleta…“
“Bisogna regalargli una cultura sportiva giusta: il rispetto per l’allenatore, per gli avversari e tutte le persone che ruotano attorno allo sport. Fidarsi di un allenatore ed affidarsi a lui. Se è anche coach… Da under 18 a Flavio dava fastidio che avessi un tono diverso rispetto agli altri allievi. L’ho cambiato”.
Come si evita la tentazione di riversare i propri insuccessi/desideri di rivalsa sul figlio atleta?
“Anche qua bisogna fare la distinzione fra genitore e genitore-allenatore. Da genitore succede spesso che uno desideri di cercare una rivalsa per i propri insuccessi ed è difficile da controllare. Sta anche all’intelligenza e alla cultura sportiva di un giocatore, riuscire a controllarsi. Ho visto tanti ex sportivi avere un approccio difficile col figlio. Se hai quell’atteggiamento non puoi allenare tuo figlio. Io credo di non avere questa cosa, anzi, sono molto "low profile” e da questo punto di vista sono tranquillo”.
Cosa fare e non fare con un figlio-atleta?
“Se il ragazzo è già uno pseudo atleta bisogna regalargli una cultura sportiva giusta: il rispetto per l’allenatore, per gli avversari e tutte le persone che ruotano attorno al mondo dello sport. Deve fidarsi dell’allenatore, non mettere bocca su cose che non gli competono, non deve andare troppo alle partite, soprattutto quando il figlio è piccolo ma rendere indipendente atleta ed allenatore, lasciando fare all’allenatore di fiducia il lavoro che gli compete”
Stefano e Flavio sono simili o diversi?
“Mi assomiglia molto, ma come uomo è molto più generoso, con una sensibilità fortissima. Come tennista aveva preso i miei aspetti negativi. Mi sono battuto: non ero il modello da seguire”.
Qual è il complimento più bello fra voi?
“Non siamo molto affettuosi tra di noi. Gli dico che è stato bravo, anche a voce”.
Australian Open 2024, un'esultanza di Flavio Cobolli (Getty Images)
Quando ha capito che Flavio aveva stoffa?
“Fin da piccolo ho notato che la palla gli camminava, gli usciva in un certo modo dalle corde e ne vedevo le doti fisiche e mentali. Ho sempre pensato che potesse fare il tennista pro”.
Quali sono le migliori qualità di Flavio?
“Ha tennis il timing sulla palla su tutti i colpi, che è molto difficile da imparare, più velocità, soprattutto di piedi, e resistenza”.
Flavio fa super rimonte.
“Da piccolo allungava le partite apposta perché voleva vivere quei momenti quando ha sempre tirato fuori il meglio: esprime un’attenzione, un livello di gioco e di recupero fisico, soprattutto un coraggio, fuori dal normale. In quei momenti è molto bravo - a differenza di com’ero io - è freddo, è vincente, difficilmente gli viene il “braccino”.
La gioia di Flavio Cobolli per la prima vittoria Slam all'Australian Open (Getty Images)
La rimonta del primo match di Melbourne le ha dato la sensazione più forte di sempre?
“Forse la più forte, finora, a livello di emozioni, almeno per me, è stata nell’ultimo turno di qualificazioni a Roma contro Nava. Soprattutto per la situazione, per esserci riuscito nel campo vicino allo stadio… E’ stata molto, molto forte. Quando ha superato le quali all’ultimo Roland Garros la metto al secondo posto. E poi questa a Melbourne. Anche se ovviamente è la più prestigiosa”.
Flavio ha un mental coach?
“Non in questo momento. Ci abbiamo provato varie volte, collabora saltuariamente coi tecnici della Federazione, ma non è ancora pronto per lavorare sull’aspetto mentale. Al momento lo faccio io e penso di essere abbastanza bravo, però non sono uno specialista e andando avanti Flavio dovrà inserire anche questa figura nel team e io ne sarò ben felice perché lo ritengo molto importante. Però ha inserito la parte atletica fatta in maniera professionale e due anni fa non digeriva un discorso così integrato e intenso”.
Come si concilia l’ego di un campione con l’umiltà?
“E’ difficile perché a 21 anni vedo che quando fa un bel risultato, inevitabilmente un po’ alza la cresta, diventa meno umile di quando perde. Quando invece la abbassa e si rimette sotto. Ovviamente i grandi campioni ce l’hanno dentro e riescono ad avere quest’equilibrio anche a 19/20 anni e lo fanno in modo molto naturale. Sicuramente Flavio può migliorare anche sotto quest’aspetto, ma è anche ancora molto giovane, migliora, e devo essere bravo anch’io nel fargli capire quello che sta facendo, quello che poi dovrà fare. E’ un aspetto importante che l’allenatore deve curare”.
Esiste un effetto-Sinner?
“Jannik e Musetti hanno tolto molta pressione ai giovani che ci sono dietro perché hanno reso normali dei risultati fino a 10 anni fa straordinari. Ma non dimentichiamo il ruolo della FITP che ha aiutato tanto i giovani, con tanti più tornei e contributi economici”.
Il tennis è sempre più fisico e testa e meno tecnica?
“C’è anche tanta tecnica, senza è impossibile far camminare la palla a questa velocità”.
Quali sono i sogni di Cobolli padre e figlio nel tennis?
“Il suo non lo so, non credo me l’abbia mai detto. Il mio sarebbe che restasse nel circuito il più tempo possibile, anche per coinvolgere tutte le persone che ci stanno intorno, pure familiari e amici, condividere più esperienze possibili insieme a lui a un livello diverso e grande come questi tornei”.
Flavio ha mai rimpianto di non aver giocato a calcio nella sua "Maggica" Roma?
“Aveva due piedi veloci, copriva vari ruoli, penso abbia avuto qualche rimpianto ma è sempre stato convinto della scelta tennis”.