Chiudi
L’afroamericana di talento, esclusa a 16 anni dai programmi della federtennis Usa perché sovrappeso, al rientro dalla maternità, elimina Haddad Maia all’attacco. Nel 2019 a New York aveva sorpreso la numero 1, Halep, con 105 discese a rete…
di Vincenzo Martucci | 30 agosto 2023
“Mi avevi già convinta al Ciao”. Come Tom Cruise con Renée Zellweger in Jerry Maguire, anche Taylor Towsend ci aveva già convinti coi 27 punti su 36 discese a rete e alcuni flash che ricordano il suo idolo, Martina Navratilova. Poi ci ha aggiunto 31 vincenti (dritto efficace all’89%!), l’attacco continuo (35 errori), il 76% di punti con la prima, ma anche il 54% di punti in risposta nel suo moto perpetuo che diventa balletto e invenzioni da prestigiatore.
Uno show così insolito per il tennis donne che temevano fortissimamente s’arrestasse dopo il 7-6 iniziale, che sembrava narcotizzato dal 3-2 con break al 4-5 del secondo set e che invece s’è risvegliato anche grazie al pubblico di New York. Che ha spinto con veemenza la simpatica ragazza fino al 7-5 decisivo e quindi al colpaccio contro la numero 19 del tabellone, Beatrix Haddad Maia. Taylor l’aveva già battuto nelle qualificazioni di Miami 2019, ma la brasiliana che non era forte e quotata come adesso. Infatti questo successo di secondo turno è un risultato così fortemente voluto, così sofferto e così importante per la 27enne di Chicago che, come prima reazione, è corsa in lacrime fra le braccia del suo staff a bordo campo. Fuori dei sé dall’emozione, lei che era stata l’ultima ad entrare di diritto in tabellone senza passare per le qualificazioni da appena 132 del mondo.
Taylor ha abbracciato la racchetta da tennis già a 6, è cresciuta col programma di Kamau Murray, il coach di Sloane Stephens campionessa agli US Open 2017. Poi s’è trasferita ad Atlanta dal papà di Donald Young, quindi in Florida presso il centro federale del tennis statunitense finché nel 2012, l’allora direttore tecnico USTA, Patrick McEnroe, il fratello di SuperMac, non le ha tagliato i contributi perché Taylor, da sempre dotatissima di talento ma pigra e indisciplinata, non voleva sottoporsi a un rigido regime alimentare.
Aveva 16 anni e la sua carriera ne ha risentito: per un po’ è andata avanti con una raccolta fondi, poi ha trovato aiuto in Zina Garrison, analista a Wimbledon 1990 ed ex 4 del mondo, ma si finanziava soprattutto col doppio, quello di primo livello e quello dei tornei ITF, come nel 2014, quand’ha fatto curiosamente coppia con tale Gail Falkenburg, di anni 69 anni. Discontinua e disordinata, nel 2019 fece riparlare di sé eliminando l’allora numero 1, Simona Halep, proprio agli US Open, frastornandola con 63 punti su 105 discese a rete. L’anno dopo annunciava di essere incinta, nel 2021 diventava mamma e quindi l’anno scorso è rientrata sul circuito molto più matura e decisa, dichiarando di voler rilanciare la carriera non solo da doppista - è 5 WTA, con due finali Slam: Us Open 2022 e Roland Garros 2023 - ma anche da singolarista (classifica record di numero 61 nel 2018).
Taylor Townsend in azione allo US Open (Getty Images)
“Anche se non nemmeno un classifica, e tennisticamente sono a zero. Sono stata sovrappeso e sono nera, così molti pensavano che attaccarmi fosse legittimo e doveroso. Ci hanno provato, mi hanno ferito, ma non mi hanno fatto allontanare dal tennis”. Ha comunque lavorato sodo anche sul fisico e a maggio a Roma ha eliminato la solida connazionale Jessica Pegula, numero 3 del mondo, peraltro per la terza volta in 4 confronti. Sfoderando i suoi colpi di fioretto e anche tutine fluorescenti che non mascheravano di certo qualche chilo in più. Così, sommando i punti WTA per il primo turno superato dopo 3 anni in uno Slam (a Melbourne) e poi le 8 partite vinte fra Roma (secondo turno dopo le quali) e Firenze (ko in finale con la Paolini), s’è portata a ridosso delle top 100. Anche se poi, nel suo continuo yo-yo col destino è passata da una nuova crisi di risultati alla nuova esplosione. Forse.