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Matteo Donati, coach di Yulia Putintseva, ha portato la kazaka - sua coetanea - a vincere un titolo WTA che mancava da 3 anni. E a firmare la grande sorpresa in singolare femminile a Wimbledon. Insieme, possono sognare in grande
06 luglio 2024
Lui è stato tra le promesse più importanti del tennis italiano, giusto prima dell'epoca d'oro che stiamo vivendo. Lei è una esperta giocatrice kazaka (di origine russa) che sta cercando il rilancio dopo aver raggiunto un best ranking di numero 27 Wta. Curiosamente, entrambi hanno 29 anni.
Matteo Donati potrebbe essere il nuovo coach rampante del circuito, e senza dubbio sta contribuendo alla rinascita di Yulia Putintseva, talento fumantino che spesso è si è contraddistinto per atteggiamenti sopra le righe, tanto nelle vittorie quanto nelle sconfitte.
A Wimbledon, ha firmato la grande sorpresa in singolare femminile. Ha fermato 36 61 62 la numero 1 del mondo Iga Swiatek. Ha raggiunto così gli ottavi per la quarta volta in uno Slam dopo il Roland Garros 2016 e 2018 e lo US Open 2020.
Lasciando da parte per adesso l'aspetto mentale, tuttavia, sotto il profilo tecnico il lavoro del piemontese Donati sembra già dare frutti importanti. Tanto che a Birmingham la kazaka si è presa il titolo del 250 sull'erba inglese, piegando in finale l'ex Miss Berrettini, Ajla Tomljanovic. Ed è ancora imbattuta sull'erba nel 2024.
L'approccio tra Putintseva e Donati è stato quantomeno anomalo, con un ruolo importante dei social network: “Ho visto su Instagram – spiegava la giocatrice dell'Est – che Matteo aveva deciso di porre fine alla sua carriera da pro (accadeva nell'ottobre del 2023, ndr) e così, considerato che lo conoscevo dai tempi dei tornei junior, ho deciso di contattarlo per capire se poteva darmi una mano”. Detto, fatto.
Potenza della bandiera italiana, che ormai nel tennis è una garanzia a qualsiasi livello? Forse, anche. Ma qui c'è la componente età che gioca un ruolo fondamentale, visto che Matteo e Yulia sono cresciuti insieme mentre speravano di trovare posto nel tennis dei grandi.
Lei ce l'ha fatta, pur con alti e bassi. Lui non proprio, pur arrivando a toccare un onestissimo numero 159 Atp, anno 2015. A quel tempo, con un fisico che ancora rispondeva presente, Matteo - cresciuto sotto la guida di Max Puci al Match Ball di Bra (Cuneo) - pareva davvero uno da grande salto. Un giocatore vero pronto per il vertice. Quell'anno al Masters 1000 di Roma entrò con una wild card, superò il colombiano Giraldo prima di cedere in due set a Tomas Berdych. A tutti gli appassionati, in quell'epoca ancora avara di fenomeni, bastò quel risultato per cominciare a sognare. Poi, invece, una serie di guai fisici che avrebbe steso chiunque, alla fine ha steso pure lui. Che ha provato a spostare sempre più in là la decisione definitiva, fino a quando ha capito che era meglio dire basta.
Basta con il ruolo di giocatore professionista (dopo tre interventi chirurgici, non risolutivi, nell'ultimo anno di attività), ma non basta col tennis. Anzi, Donati da coach ci sta benissimo, avendo avuto una guida importante da ragazzo e avendo capito cosa è importante curare, durante il percorso. Con Yulia sta facendo un lavoro che già paga, visto che la kazaka è tornata a vincere una prova Wta dopo 3 anni (Budapest 2021 quella precedente), risalendo a quota 34 Wta. Mentre all'inizio della 'cura Donati' era incagliata attorno alla piazza numero 70.
“Allenare – ha spiegato Matteo – significa anche capire le esigenze degli allievi, la parte emotiva che si nasconde dietro al gesto tecnico”. Probabilmente, con Yulia Putintseva la chiave è stata proprio questa. Non vuol dire che basti per cambiare il carattere della kazaka, ma potrebbe bastare per farle ritoccare il suo best ranking, facendola arrivare dove non era mai stata prima. Altri meriti in arrivo per le eccellenze italiane.