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Svelato il mistero della racchetta di Sinner: Alfio Caronti, il famoso chiropratico che collabora da sempre con il team di Riccardo Piatti ci spiega che cosa sono e a che cosa servono i pezzettini di tessuto ‘misterioso’ che Jannik fa collocare alla base delle sei corde verticali centrali. C’entra anche… Roger Federer
di Enzo Anderloni | 27 febbraio 2020
Caronti nel team di Formula 1 di Piatti è quello che si occupa del telaio, della sua impostazione aerodinamica: la vettura deve poter andare alla massima velocità, con una perfetta tenuta di strada e non ci devono essere tensioni, parti sottoposte a sforzi anomali e dunque destinate, a lungo andare, a consumarsi e rompersi.
E se esiste nel tennis un progetto di “vettura” da titolo mondiale, questo si chiama Sinner. Per scoprire un altro dettaglio del grande lavoro che Riccardo Piatti sta facendo con lui da quando aveva 13 anni siamo andati a trovare Alfio nel suo studio di Cantù, a pochi chilometri da Como.
All’ingresso c’è un grande manifesto che annuncia la presentazione del suo libro “La postura è l’ombra delle emozioni” (Castello editore, 232 pag. 20 euro).
Le prime parole dell’introduzione sono: “Jannik Sinner è un giovane tennista. Un folto cespuglio di capelli rossi lo distingue da tutti gli altri. Per il suo coach Riccardo Piatti, che di tennis ne sa come nessuno, il ragazzo è un futuro campione”.
“Jannik è mio paziente da quando aveva 14 anni. Sin dai tempi dei Piatti Boys, Riccardo è stato il primo a capire che l’intervento del chiropratico sull’atleta non va richiesto a dolore conclamato ma che, piuttosto, col dolore bisogna giocare d’anticipo. E se giochi d’anticipo ottieni anche il risultato di migliorare la performance agonistica dell’atleta stesso. E’ per questo motivo che da molti anni Piatti vuole che io segua i suoi ragazzi migliori. Sinner è uno di loro. Il primo incontro con lui fu subito molto interessante: notai come Jannik, quando qualcosa gli si avvicinava, evidenziasse difficoltà di movimento".
"Per averne conferma agitai più volte la mia mano davanti a lui la mia mano, senza mai colpirlo. Ogni volta Jannik mostrava le stesse difficoltà. Individuarne la causa non fu facile. Intuii immediatamente che, con ogni probabilità, alla base delle sue difficoltà potesse esserci un’esperienza traumatica vissuta in prima persona. Vai a capire quale. Iniziai a porgli delle domande, gli chiesi se fosse incorso in incidenti di gioco o in traumi. Dopo una lunga chiacchierata riuscimmo a centrare l’obbiettivo. Jannik all’età di cinque anni aveva vissuto un brutto momento”.
“Restava però la sua difficoltà di movimento in presenza di qualcosa che gli si muovesse attorno o che gli andasse incontro. C’era bisogno di risolvere il problema con una terapia specifica. Quale? Se dicessi che buona parte della terapia sarebbe consistita nel giocare con Jannik a spintoni mi credereste? Probabilmente no. Invece è andata proprio così. Ho iniziato a spintonare Jannik cercando di sorprenderlo in tutte le posizioni possibili, con crescente difficoltà. Prima a occhi aperti, poi a occhi chiusi. E poi a mani libere, a mani occupate, su due piedi e infine su un piede solo, con strattoni di intensità crescente e mai nella stessa direzione. Con un solo obiettivo: dare a Jannik la sensazione che era divenuto invincibile, molto più forte di quando il suo compagno di giochi da bambino lo aveva sbattuto al muro. Non ci crederete ma la terapia funzionò alla perfezione".
"Le sue tensioni muscolari si ridussero notevolmente. Jannik era conosciuto come un ragazzo molto timido. Quando gli amici gli allungavano un braccio intorno al collo, nel tentativo di abbracciarlo, lui al solo contatto si accartocciava, si chiudeva a riccio. Tant’è che gli avevo suggerito di prendere qualche lezione di difesa personale, per esempio di judo. Ora le difficoltà dinanzi alle cose che gli si muovono intorno sono sparite. Il ragazzo cresce bene dal punto di vista tennistico e anche come adolescente. È molto più sicuro di sé e la pallina da tennis la picchia molto bene, mi pare…”.
A proposito di questo: siamo molto curiosi di sapere che cosa sono qui pezzettini di tessuto che Sinner fa mettere tra corda e telaio della racchetta: dice che l’indicazione viene dal suo chiropratico…
“E’ una storia un po’ particolare, si tratta di un tessuto messo a punto e fatto realizzare da me, sulla base delle mie esperienze cliniche. Si potrebbe definire un integratore sensoriale. Qualcosa che serve a far percepire a Jannik la racchetta in un certo modo, un modo naturale. Permettendogli di muoverla in totale scioltezza, senza tensioni muscolari anomale. E’ una mia scoperta. Funziona. E lui sente che anche questo dettaglio fa la differenza”.
Integratore sensoriale? Di che cosa si tratta?
“Ecco tutta la storia. Nel 2014 Riccardo Piatti stava seguendo Milos Raonic e mi chiese se potevo girare con loro nel circuito per un periodo per cercare di capire perché Milos era sempre infortunato. Lì ho fatto una bella esperienza perché, fino ad allora, sia i tennisti sia gli altri atleti di qualità (dal canottaggio allo sci, dal ciclismo alla scherma) avevo la possibilità di vederli solo nel mio studio. Poi andavano “sul campo” e non sapevo immediatamente se stavano bene o no. Non riuscivo a capire fino in fondo come incideva, si rifletteva, il mio lavoro sulla loro performance. Invece in quell’occasione con Milos ho avuto la possibilità, con la necessaria leggerezza, di stargli sempre vicino, da quando si allenava a quando giocava ma anche da quando mangiava a prima che andasse a letto e poi al risveglio al mattino. Con semplici test si può capire se la tensione muscolare in ogni momento della giornata è adeguata alla situazione. Se tu sei seduto in macchina, fermo a un semaforo, la tua tensione deve essere al minimo: se ti vedo accelerato ci deve essere una ragione. E io devo capire perché sei accelerato anche quando sei fermo al semaforo. Se sei in garage di notte, riposi, anche lì devi essere ‘al minimo’. Quando poi ti muovi si devono attivare alcuni muscoli e non altri. E’ un discorso molto semplice”.
E in quel periodo di osservazione di Milos Raonic che cosa ha scoperto?
“Partiamo dall’allenamento. Lo osservo in azione, fanno schemi per due o tre minuti e poi si fermano per bere qualcosa. Gli faccio un test e lo trovo irrigidito. Ho passato un bell’anno e mezzo a cercare di capire perché: ho ipotizzato che fosse una questione di testa, che fossero i pensieri. Non capivo. Riuscivo ad “ammorbidirlo” un po’ ma il problema tornava sempre fuori. Poi finalmente sono arrivato a una grande scoperta, che ho definito: riflesso inibitore da contatto”.
Riflesso inibitore da contatto?
“Quando noi impugniamo qualcosa il nostro sistema (il Sistema Nervoso Centrale), in questo caso attraverso la mano, lo legge. Poi l’occhio raddoppia la lettura e via discorrendo. Se io prendo in mano un pezzo di legno, il ramo di un albero, la mano tocca qualcosa che conosce da milioni di anni e dice: so cos’è, mi piace: via libera. L’occhio conferma. Se io voglio fare dei gesti con questo oggetto in mano il sistema lo considera un oggetto ‘amico’, che non ha bisogno di essere tenuto sotto controllo".
Cos’è invece il riflesso inibitore da contatto?
"Qualcosa che scatta armeggiando con oggetti inerti, non naturali (può essere la racchetta, un cucchiaio, un utensile, il telefonino…) quando la mano cerca di leggerli non ci riesce. Alla mano questo non piace. Non dà il via libera. Questo fa sì che un’altra parte del sistema debba sopportare il controllo di questo oggetto. Per un tennista è un problema di gravità pazzesca. Lui dovrebbe essere concentrato al 110% solo sulla palla. Ma, per esempio, l’occhio a quel punto si divide tra fare il tennista e controllare l’oggetto, prima ancora di tutte le altre cose. Nascono tutta una serie di tensioni muscolari”.
E come si risolve questo problema?
“Mi sono inventato un “integratore sensoriale”. E’ una miscela di ingredienti naturali potentissimi che ho trovato. Ho fatto delle prove con Milos, sono andate bene e per un bel periodo (lui con Riccardo è arrivato fino a n.3 del mondo) abbiamo chiesto a Wilson di mettere il mio materiale dentro il telaio, nel manico della racchetta. Con questo accorgimento, per il sistema nervoso centrale la racchetta diventava come un pezzo di legno. Anzi, di più. Per dare un’idea: se un pezzo di legno è come un cantante solista in termini di espressione di naturalità, con il mio materiale la voce diventa quella di un coro. Al nostro sistema centrale piace e lo dispone a qualsiasi gesto, eliminando qualsiasi paura. E il conseguente irrigidimento muscolare”.
Ma questo che cosa c’entra con i pezzettini di tessuto tra le corde della racchetta di Sinner?
“Quando la storia con Raonic è finita, abbiamo smesso di dialogare anche con Wilson. Non è facile, se non sei un top player, convincere una grande azienda a intervenire in modo tanto importante sull’attrezzo. Così ho cercato di immaginare un sistema più semplice, accessibile a chiunque per ottenere lo stesso effetto. Abbiamo pensato all’overgrip, ma presentava la complessità delle mille varianti possibili, dal colore alla struttura: liscia, bucherellata ecc. ecc. Diventava difficile produrre qualcosa che andasse a rispondere a mille esigenze e gusti diversi”.
“Serviva un’idea diversa e mi è venuta osservando Federer. I primi colpi da piccolino Roger li ha fatti con la racchetta di legno. Gli è piaciuto. Poi è passato alla grafite ma usava ancora il grip in cuoio naturale. Ancora buone sensazioni. Quando pian piano è passato anche lui ai grip sintetici c’era qualcosa che non gli tornava. Ha provato a usare i gommini vibrastop, o dispositivi del genere, per il feeling ma non era convinto. La soluzione l’ha trovata recuperando un dettaglio che apparteneva alla messa a punto dell’incordatura sulle racchette di legno. Li definiscono ‘power pads’, sono quei pezzettini di cuoio che venivano collocati tra corda e telaio, nei passaggi delle corde verticali vicino al cuore del telaio, i più sollecitati, per impedire che progressivamente segnassero il legno fino a scavarne le fibre, compromettendo la tenuta della racchetta".
"Con quei pezzettini di cuoio piazzati lì, si trovava bene. Ho pensato: sta a vedere che se io metto il mio materiale naturale lì, ottengo lo stesso effetto. Avevo già fatto produrre un tessuto impregnato con il mio ‘coro’ di ingredienti. Faccio fare delle prove, tagliando striscioline di tessuto: funziona. Funzionava sulla racchetta di Raonic. E’ quello che Jannik fa con la sua”.