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Federer è ancora così competitivo a 37 anni anche perché, quando ne aveva 32 (e già 17 Slam nel palmares) si è deciso ad abbandonare un attrezzo difficile e obsoleto che lo penalizzava nei confronti di Nadal e Djokovic che hanno sempre avuto telai più facili performanti. Ecco la storia delle sue “compagne di gioco”.
di Enzo Anderloni | 05 giugno 2019
Esistono due Roger Federer. Uno più giovane con la vecchia racchetta, l’altro più vecchio con la nuova. Il primo ha vinto 17 Slam, tra i 21 e i 31 anni (2003-2012), polverizzando ogni record e affrontando i suoi gradi rivali con un attrezzo dall’ovale piccolo, obsoleto (85 poi 90 pollici quadrati contro i 98/100 di tutti gli altri, compresi Nadal e Djokovic). Il secondo ha ripreso a vincere Slam nel 2017, quando gli oltre 35 anni di età e quattro stagioni senza successi nei major parevano sancire il definitivo tramonto di un giocatore leggendario.
Paradossalmente oggi verrebbe da domandarsi quanti titoli in più avrebbe il già recordman Federer se non si fosse intestardito a utilizzare ben oltre la trentina un attrezzo superato (lanciato sul mercato nel 1983…), così difficile, poco propenso alla spinta e a perdonare le palle non impattate perfettamente al centro del piatto corde.
La controprova non esiste, ma il fatto che Roger sia tornato nel 2017, dopo una serie di acciacchi, in grado di battere chiunque, su qualunque superficie e con colpi più efficaci, profondi e incisivi (specie il rovescio) testimonia che l’aiuto di un attrezzo meno severo e più performante (più simile a quelli dei suoi rivali per quanto ancora più piccolo di ovale (97 pollici quadrati contro i 100 di Djokovic e Nadal) può fare la differenza. E non poca.
Basti pensare che se la storica rivalità tra Roger e Rafa vede complessivamente prevalere Nadal (23 successi dello spagnolo contro i 15 dello svizzero), lo score dal 2014, cioè da quando Federer ha adeguato il suo attrezzo, è 6-1 a favore di Roger. Che evidentemente con la racchetta attuale fa meno fatica ad addomesticare le rotazioni dell’avversario storico.
Ma chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato: recriminare non serve. Imparare la lezione però sì. E capire, come ha fatto il Migliore di sempre, che l’attrezzo giusto può fare la differenza è importante. Andiamo a ripercorrere il suo cammino.
Si comincia da Pete Sampras
La storia delle racchette del giocatore che ha fatto la storia comincia da un incrocio storico. Questo gioco di parole può essere eccezionalmente concesso proprio per l’eccezionalità dell’evento: Roger Federer ha strappato il record assoluto di Slam vinti (portandolo oggi alla quota di 20) direttamente dalle mani dello statunitense Pete Sampras che lo deteneva (con 14 titoli, 7 dei quali a Wimbledon), prendendogli anche la racchetta.
Considerata l’indole di questi due campioni viene naturale pensarlo come un vero e proprio passaggio di testimone che ha vissuto un suo momento simbolico sui campi di Wimbledon. Roger ha ufficialmente cancellato Pete dal libro dei record diventando l’unico tennista maschio della storia a conquistare 8 volte il torneo più famoso del mondo, ma il primo colpo al piedistallo di Sampras l’aveva inferto l’1 luglio del 2001, battendolo per 7-6(7) 5-7 6-4 6-7(2) 7-5 negli ottavi di finale a Wimbledon. Quella partita, e anche questo fatto ha un alone di sacralità, è stata l’unica sfida ufficiale tra i due, anche se Sampras avrebbe giocato fino alla fine del 2002 (vincendo gli Us Open) e si sarebbe ritirato nell’agosto del 2003 (guarda caso subito dopo la prima vittoria di Federer a Wimbledon).
Pro Staff 85 6.0 (1998-2001)
Ma tornando a parlare di racchette, e della storia delle racchette di Federer, quella sfida simbolo vide i contendenti in campo con la stessa racchetta: una Wilson Pro Staff 85. Il look nero opaco con i filini rosso e giallo sull’ovale piccolissimo (85 pollici quadrati ossia 548,39 centimetri quadrati), il profilo sottilissimo (17 mm), il peso importante (oltre i 350 grammi incordata). È la racchetta che Federer utilizzava già a livello under 18 quando fece il suo esordio nel mondo pro ed è la stessa con cui conquistò il suo primo torneo Atp, al Palalido di Milano (nel febbraio del 2001) battendo in finale il francese Julien Boutter. Al tempo la sua incordatura era realizzata interamente in budello naturale Babolat.
Hyper Pro Staff (2002 -2003)
All’inizio del 2002 Roger impugna una prima versione della Hyper Pro Staff, evoluzione dello storico telaio, ma si tratta presumibilmente di un “paint-job” della sua vecchia racchetta con il piatto piccolo da 85. La prima svolta è agli Open di Francia, quando la versione è definitiva: si chiama Hyper Pro Staff 6.0 e ha il piatto corde da 90 pollici quadrati. È l’attrezzo che in tante successive riedizioni, con dimensione sempre mantenute, l’inserimento di qualche nuovo materiale e tante livree diverse, lo accompagnerà per gran parte della carriera, quella più splendente e ricca di successi.
Pro Staff Tour 90 (2003-2004)
E si arriva al primo Slam, la vittoria a Wimbledon sull’australiano Marc Philippoussis, con la racchetta rinnovata. I materiali sono sempre graphite all’80% e kevlar al 20%, il profilo è 17 mm, lo schema corde 16x19, ma la racchetta vista di fronte appare nera con grafica bianca, rossa e gialla. Un giallo che arricchisce il profilo interno dell’ovale.
È sempre però, in buona sostanza, la solita “mazza” che piaceva a Sampras: quasi 360 grammi con le corde, bilanciamento arretrato (30,5 cm a telaio nudo). Una racchetta che controlla molto più che spingere. È severa, con uno sweet-spot molto ridotto nonostante i due inserti equilibratori (a ore 3 e ore 9) detti PWS (Power Weight System). L’incordatura è cambiata: è diventata un ibrido, budello naturale e sintetico monofilamento Luxilon Alu Power Rough. Il montaggio però è al contrario di quello che si fa di solito, per aumentare la durata: Roger mette il budello sulle verticali e il sintetico sulle orizzontali (tensione 23/21,5 kg). Il suo sistema viene codificato come “ibrido reverse” e diventerà una moda. Negli anni successivi altri big (Djokovic in primis) lo imiteranno.
nSix-One Tour 90 (2004 – 2006)
La prima Wilson bianca e rossa, colori che poi rimarranno a lungo una costante nella racchetta di Federer, è la versione della serie nCode, dove la composizione del telaio diventa 10% nCode Hyper carbon, 70% grafite ad alto modulo, 20% kevlar. Roger la utilizzerà con questa veste a partire dagli Open d’Australia 2004 e fino agli Us Open 2006: un percorso che comprende 8 titoli Slam. È la versione più vincente in assoluto: sia nel 2004 che nel 2006 il fuoriclasse svizzero realizza la tripletta Australian Open, Wimbledon, Us Open.
K Factor SixOne Tour 90 (2007-2009)
Il Fattore K della nuova Wilson che Federer utilizza a partire dagli Australian Open del 2007 si chiama Karophite Black e viene presentato come un esclusivo sistema di realizzazione della struttura che, partendo dagli stessi materiali ma lavorando a livello “nanoscopico”, offre maggior feeling ma anche più robustezza e stabilità. Il cambio di livrea e il resto delle caratteristiche sostanzialmente invariate fa sì che si leghi ancora a grandi trionfi, tra cui il successo a Parigi nel 2009 e nello stesso anno la vittoria thriller (16-14 al quinto set) su Andy Roddick a Wimbledon. Una racchetta di gran successo anche questa: ben 6 Slam.
Six.One Tour BLX (2010-2011)
Il cambio di livrea, che va verso lo scuro con l’inserimento della sigla BLX (basalto, nuovo elemento inserito nella composizione dei materiali), parte bene ma poi non è proprio fortunato. Rimaste stabili le caratteristiche generali, con questa versione Roger conquista il 16° Slam proprio a Melbourne nel gennaio 2010 ma poi resta all’asciutto. Nel 2011, per la prima volta dal 2003, non conquisterà alcun major.
BLX Pro Staff Six.One 90 (2012-2013)
Federer sarà dunque stato molto soddisfatto nel voltare pagina, almeno sul piano estetico, e approcciare il 2012 con una racchetta nuovamente a base bianca, anche se senza altre “variazioni notevoli”. Sempre piatto da 90, sempre basalto nel mix dei materiali, sempre un attrezzo difficilissimo mentre gli altri evolvono alla grande. Lui non cambia e torna a vincere a Wimbledon, in una finale spettacolare contro Andy Murray, che però lo batterà poco dopo sempre sull’erba di Wimbledon con in palio l’oro olimpico. Roger si rifarà in doppio con Wawrinka, ma ormai sta cominciando a capire che quella racchetta è un limite.
La botta decisiva la prende a Wimbledon 2013 quando l’ucraino Stakhovsky lo butta fuori al secondo turno. Roger è acciaccato fisicamente ma pensa sempre al futuro. Lo si vedrà in azione ai tornei estivi sulla terra battuta di Kitzbuehel e Amburgo con una strana racchetta tutta nera con il piatto più grande. Non gli andrà bene ma sta provando qualcosa di nuovo. Per chiudere l’anno torna alla BLX bianca da 90. Eppure qualcosa di grosso si prepara.
Wilson Pro Staff RF 97 Autograph (2014-2016)
Il fatto grosso è che finalmente agli Australian Open 2014 Federer si presenta in campo con una racchetta diversa: il piatto è più grande, il profilo più spesso. La cosa fa scalpore ma il telaio è tutto nero anche se sulle corde c’è sempre disegnato il marchio W di Wilson. Non si saprà nulla di preciso fino ai tornei estivi sul cemento americano quando Roger, che avrebbe dovuto ufficializzare la novità agli Us Open, brucia tutti e va in capo con la nuova Pro Staff RF 97 Autograph. Piatto, finalmente, da 97 pollici quadrati (le racchette di Nadal e Djokovic da 100” e quella di Murray da 98” sono comunque ancora più generose della sua), profilo più spesso: 21,5 cm. Non arrivano ancora nuovi titoli dello Slam e la salute è spesso scricchiolante ma Roger è l’unico capace di impensierire (e anche battere più di una volta) l’incredibile Djokovic del biennio 2014-2015.
Wilson Pro Staff RF 97 Autograph 2017 (Dal 2017 in poi)
La nuova versione dell’attrezzo, da lui stesso ridisegnata “total black”, elegantissima, era pronta per gli Us Open 2016. E invece è diventata una novità del 2017 dopo la scelta clamorosa di Federer di chiudere la stagione 2016 con Wimbledon, di curarsi a dovere e di allenarsi “da dio” per cercare di essere al top ancora per diverse stagioni. Avevano detto che avrebbe smesso dopo Rio 2016. E lui manco ci è andato a Rio. Ma scende in campo a Brisbane, gennaio 2017, antipasto degli Australian Open, con la racchetta nuova. Sul piano tecnico di fatto non è cambiato niente rispetto all’ultimo attrezzo: sono ben 340 i grammi di peso (esclusa l’incordatura, che Federer continua a montare in ibrido ‘reverse’ con dieci morsetti salvacorde, in due file da cinque, alternati sulla quarta e sulla sesta corda orizzontale partendo dall’alto) con un bilanciamento a 30,5 cm, “all’indietro” rispetto alle moderne concorrenti agonistiche. 97 pollici quadrati l’ampiezza del piatto corde. Il profilo è quello consueto, sottile, da 21,5 mm, costante e squadrato; lo schema corde 16x19.
La versione nera e bianca (2018) non l'ha convinto
E nemmeno la nuova livrea, quella lanciata nel 2018, nero di fondo con le spalle bianche a ore 3 e ore 9 ha modificato la sostanza. Anzi, alla fine non gli è neppure piaciuta. Ha continuato a giocare con l’attrezzo tutto nero (limitandosi a sostituirlo per tre giorni all’anno con una versione tutta rossa che Wilson gli ha realizzato per la Laver Cup, competizione a squadre dove i rappresentanti dell’Europa, che sfida il resto del mondo, hanno la divisa, appunto, rossa)
Quello che in questi 5 anni di utilizzo del nuovo attrezzo è cambiato è lui. Che ha imparato a sfruttarne le prestazioni, la maggiore spinta e permissività. Il nuovo rovescio quasi piatto, così sicuro sebbene sempre anticipato, e tanto spesso vincente (soprattutto in lungolinea), è il simbolo di un Federer ancora più forte di prima, a quasi 38 anni anni. Un campione che è migliorato. Anche nella racchetta.