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Ritrovato da un discendente della famiglia Anderson, molto vicina a Big Bill negli Anni ’50, è venuto alla luce il bagaglio che il 10 volte campione Slam aveva preparato il giorno dell’infarto che lo stroncò. Il contenuto ora potrebbe finire alla Hall of Fame di Newport, ma…
di Gabriele Riva | 20 novembre 2019
Nella valigia dell’uomo da 7 Davis vinte (record assoluto) c’è un cardigan beige con scollo a V, qualche camicia, un paio di racchette di legno e un mistero. La sera del 5 giugno 1953 Bill Tilden doveva andare a cena con degli amici e l’indomani partire per un’esibizione in Texas. Il posto al tavolo restò vuoto e il bagaglio rimase a fianco del letto, a Los Angeles. Big Bill morì quel giorno.
Quella valigia è stata ritrovata. In uno di quei garage americanissimi, alla 'A Beautiful Mind', che noi europei abbiamo imparato a sentire nostri sul grande schermo. Era sepolta tra una serie di cianfrusaglie e cose che non servono più, accatastate a prender polvere lontano dagli occhi e dalla portata di mano. Gregg Guenther l’ha trovata e ha deciso di riesumarla dalla sua tomba.
Flashback. Fu un attacco di cuore a strappare al mondo e agli scandali il più grande tennista americano dell’epoca, e non solo (non solo americano; non solo dell’epoca). Negli States graffiati dall'accoppiata Depressione e Proibizionismo e reduci dalla Guerra Mondiale, non era per nulla amato, Tilden. Quasi sconosciuto, dimenticato all’alba degli Anni ’50.
Colpa del suo orientamento sessuale, degli scandali, appunto, e di un paio d’arresti con accuse pesanti: rapporti con ragazzini. Questioni gravi che gli erano costate tanto, tutto in pratica: soldi, fama, gloria, amici, famiglia. E libertà.
Di fronte a questo, 10 titoli Slam in singolare, 7 in quelli che oggi conosciamo come Us Open, 19 in totale contando i doppi, e una striscia da sette Insalatiere consecutive - tra 1920 e 1926 - scomparirono. E così tra i pochi, pochissimi a essergli rimasti vicini, in quegli anni in cui lo straboccante dominio sul campo da tennis degli Anni ’20 veniva oscurato dai guai, c’erano Marrion Anderson e suo figlio Arthur.
Arthur con Tilden giocava a tennis. Alcuni dicono che fosse un suo pupillo. Sta di fatto che Big Bill il 5 giugno a cena era atteso proprio dagli Anderson. Quando non si presentò, fu Arthur ad andare a cercarlo nel suo appartamento: lo trovò senza vita in diagonale sul letto, con la valigia fatta e finita.
Pronta per il viaggio e chiusa, così come è rimasta per decenni. Finché il figliastro di Arthur Anderson, Gregg Guenther, ha deciso di riportarla alla luce. Lei e una piccola schiera d trofei, coppe e oggetti personali che erano rimasti alla sua famiglia. Non perché li volessero custodire gelosamente, ma perché nessun altro li chiedeva. Coperti dalla polvere e dal disinteresse.
Tilden ebbe il suo posto nella Hall of Fame del tennis, certo: era il 1959. Una specie di atto dovuto, formale per chi secondo Bud Collins vinse 138 dei 192 tornei cui prese parte. Eppure, niente a che fare con l’amore che un popolo e una nazione poteva riversare su una stella mondiale dello sport. Non era Joe Di Maggio, Tilden.
L’America non lo ha mai amato e, forse, lui non amava del tutto l’America conservatrice delle amministrazioni repubblicane (4 su 6) che si susseguirono a partire dagli Anni ’20. La sua omosessualità non era un segreto, poi dopo la guerra ci si misero anche le inchieste sulla sua vita sessuale che portarono all’arresto nel 1946 e a 7 mesi e mezzo di detenzione.