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Le storie

Althea Gibson, storia di una rivoluzione: mercoledì a New York Stories

La storia di Althea Gibson è al centro della prima puntata del nuovo format di SuperTennis "New York Stories". Ecco come allo US Open ha cambiato per sempre lo sport e il tennis femminile nel 1950

di | 23 luglio 2024

Althea Gibson è la protagonista della prima puntata di New York Stories, il nuovo format di SuperTennis in onda ogni mercoledì dal 24 luglio che vi racconterà cinque grandi protagonisti della storia dello US Open. Considerata la numero 1 del mondo nel 1957 e 1958, quando erano i giornalisti a stilare le classifiche, Gibson ha vinto il Roland Garros nel 1956 e fatto la doppietta Wimbledon-US Nationals, come si chiamavano gli US Open prima del 1968, nel 1957 e 1958 in singolare. Ha vinto anche cinque Slam in doppio. Ma la storia che la riguarda, che vi raccontiamo in questa pagina, precede questi successi. Perché è la storia di come è iniziata la sua rivoluzione. E' la storia di Althea Gibson è diventata la prima tennista nera agli US Nationals.

La storia di Althea Gibson e del tennis è cambiata grazie a una lettera pubblicata su una rivista. Nata a Silver, in South Carolina, il 25 agosto 1927, Althea passa l’intera giovinezza a Harlem, a parte i due anni (1934 e 1935) in cui vive con la zia a Philadelphia. Spirito indipendente, prova tutti gli sport: pratica pugilato, gioca a softball e a basket. Ma la passione più duratura resta il tennis. Inizia a giocare i tornei della American Tennis Association, l’associazione per tennisti di colore, che dal 1917 organizza anche campionati nazionali separati.

Althea vince i campionati nazionali junior dell'ATA nel 1944 e 1945. Perde la finale dei campionati "senior" nel 1946 e poi a livello ATA non perderà più. Riesce a diplomarsi alla Williston High School poi entra alla Florida Agricultural and Mechanical University, un’Università per studenti di colore, grazie a una borsa di studio sportiva. È l’unica giocatrice di tennis del college, per questo si allena con i maschi. Fa parte anche nella squadra di basket femminile. Fatica ad accettare le regole ma è troppo forte per essere tenuta in panchina o punita. E' anche la prima giocatrice di colore a giocare in un torneo organizzato dalla USLTA, la Federtennis statunitense: arriva ai quarti degli Eastern Indoor Championships, battuta 6-2 6-3 da Nancy Chaffee, che dice di lei: «Non c’è nessuna giocatrice che combina allo stesso modo leggerezza e potenza. Mi ricorda Alice Marble».

Althea Gibson (Getty Images)

È proprio Marble a cambiare questa storia. Considerata la numero 1 del mondo nel 1939, ha vinto in carriera 18 tornei del Grande Slam: 5 in singolare, 6 in doppio con Sarah Palfrey Cooke e 7 nel doppio misto. Nel numero del 14 luglio 1950 sull'autorevole American Lawn Tennis Magazine, sostiene che la USLTA dovrebbe cambiare la sua politica e ammettere Althea Gibson a giocare i Nationals, anche se fino a quel momento non erano mai stati aperti e giocatori e giocatrici non bianchi. La sua è una lettera aperta dall'impatto enorme, che si conclude così:

"Penso che sia giunto il momento di affrontare alcuni fatti. Se il tennis è uno sport per gentiluomini e gentildonne, è il momento che iniziamo a comportarci come tali e non da ipocriti bigotti. Se davvero è rimasto qualcosa nel nome della sportività, è più che tempo di mostrare cosa la sportività significhi per noi. Se Althea Gibson rappresenta una sfida all’attuale gruppo di tenniste, è solo un atto di onestà permettere loro di raccoglierla sul campo (…). Se le venisse rifiutata l’occasione di trionfare o di fallire, resterebbe un marchio indelebile contro uno sport cui ho dedicato gran parte della mia vita e proverei amaramente vergogna. Possiamo accettare le evasioni, ignorare il fatto che nessuno sarà onesto abbastanza da assumersi la responsabilità della probabile esclusione di Althea Gibson dai Nationals.  (...) L’ingresso dei neri nel tennis nazionale è inevitabile così come lo è stato nel baseball, nel football, nella boxe (…). Non ho mai incontrato Althea Gibson ma per me è un essere umano cui dovrebbero essere estesi i miei stessi privilegi".

Già da qualche anno, Bertram Baker, direttore esecutivo dell’ATA, sta trattando con la USLTA perché gli US Nationals, gli attuali US Open, siano aperti ai giocatori e alle giocatrici di colore. Il suo più grande sostenitore all’interno della USLTA è Harold Lebair, ebreo e liberale, che ha lavorato per anni al «New York Times».

Alla svolta arriva contribuisce Betty Rosenquest, figlia di un venditore di camion che sarebbe diventata la quinta miglior giocatrice nel ranking USLTA nel 1954. Betty si allena con Dick Savitt, un tennista di origine ebraica di diversi anni più giovane che, grazie al suo esplosivo servizio, conquisterà il titolo a Wimbledon nel 1951. I Rosenquest vivono dall’altra parte della strada rispetto all’Orange Lawn Tennis Club dove quell’anno si giocano gli Eastern Grass Court Championships, un altro torneo organizzato dalla Federazione USA. Usando la lettera di Marble, i Rosenquest convincono l’Orange Club a invitare al torneo Althea, che però gioca male e perde al secondo turno. Poi giocherà i National Clay Court Championships a Chicago. Il 15 agosto 1950 il comitato della USLTA riceve la richiesta di iscrizione ai Nationals di Althea Gibson.

Nonostante l’opposizione dei più conservatori tra i suoi 36 membri, il comitato comprende che il cambiamento è inevitabile e accetta la richiesta sulla base dei suoi meriti. In realtà, la USLTA ha deciso di cambiare l’intera procedura d’ammissione ai Nationals e ammetterà automaticamente a quelli che diventeranno gli US Open i campioni dei tornei nazionali ATA.

Gibson gioca la sua prima partita agli US Nationals, non ancora US Open, il 28 agosto 1950. E' il primo match fra tennisti di razze diverse nella storia del torneo. Sul campo 14, uno dei più periferici, Althea batte Barbara Knapp 6-2 6-2. Il secondo turno si gioca sul Grandstand, che allora è il secondo campo per importanza e per grandezza. L’avversaria è Althea Louise

Brough, campionessa in carica a Wimbledon. Si comincia alle 15.30. Brough vince il primo set 6-1. Nel secondo Gibson guadagna fiducia, con un break firma il sorpasso del 4-3 e chiude 6-3. Nel terzo Brough allunga 4-1, Gibson però gradualmente ribalta lo scenario e si porta sul 6-5. Non c'è tie-break, si va avanti finché una delle due giocatrici non ottiene due game di vantaggio. Ma sul 7-6 Gibson il temporale che ha costretto a interrompere la partita di baseball in corso nel vicino Yankee Stadium, nel Bronx, cade anche su Forest Hills. Il verdetto è rinviato al giorno dopo. Alla ripresa Gibson perde il servizio, anche per colpa di tre doppi falli in un game durato 18 punti. Brough va a servire per il match e chiude 6-1 3-6 9-7. Un giornalista raggiunge Gibson mentre sta lasciando il campo, a testa bassa, a passi lenti. Le mette una mano sulla spalla, prova a tirarla su. «Vedila così» le dice, «domani la tua foto farà il giro del mondo». Lo farà davvero. Niente sarà mai più come prima.

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