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Quante volte ci siamo fatti questa domanda dopo un '15' fondamentale buttato via? Ma si può migliorare: innanzitutto bando ad autocritica, rabbia e senso di colpa. E impariamo a usare... la “cura dei 16 secondi”
di S. Costa e A. Daino* | 16 maggio 2019
* I.S.F. R. Lombardi
Di tutte le domande che vengono poste a un preparatore mentale del tennis (o psicologo dello sport) la più comune è quella che ha a che fare con i cosiddetti big points della partita: “Perché crollo sui punti importanti?”, “Perché non riesco a concretizzare le occasioni che mi creo?”. A questa domanda quasi tutti gli atleti si rispondono allo stesso modo: “Non ero abbastanza concentrato” oppure “Non c'ero con la testa, non ero lucido”. La vittoria finale, nella maggior parte degli incontri (e più si sale di livello), è generalmente determinata dal successo di questi pochi punti chiave, e sarà il modo in cui l'atleta interpreterà queste situazioni che farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Un esempio? Quella ideata da Jim Loehr, e portata avanti da Lorenzo Beltrame, con diversi tennisti pro. La “Cura dei 16 secondi” riguarda la gestione del tempo tra la fine di un punto e l’inizio di quello successivo, e si compone di 4 passi che il giocatore deve compiere rigorosamente: