Chiudi
Amato e ammirato, ma in parte anche incompreso. Perché in un tennis che stava diventando lo sport di fisico e potenza dei giorni nostri, Stefan Edberg ha esaltato l’eleganza, in campo e fuori. Con quel serve&volley sfrenato che purtroppo non si vede quasi più. Ha vinto il Masters nel 1989.
di Alessandro Mastroluca | 15 novembre 2019
Un purista, quasi un sovversivo. Stefan Edberg ha portato l'eleganza al potere quando il tennis si stava trasformando in uno sport di forza e potenza. Ammirato, a lungo incompreso, ha vinto sei Slam in singolare e 59 titoli ATP, ha chiuso due stagioni consecutive da numero 1 del mondo (1990 e 1991), e aiutato la Svezia ad alzare quattro volte la Coppa Davis.
Ha vinto il Masters in singolare e in doppio, come in 49 edizioni sono riusciti a fare solo John McEnroe, Stan Smith e Manolo Orantes. È uno dei soli due campioni arrivati al numero 1 del ranking di singolare e di doppio da quando esiste la classifica computerizzata. Eppure, l'hanno accusato di essere un tennista bello da vedere ma non un combattente.
La Svezia si era abituata ai successi di Bjorn Borg, alla sua disciplina metodica, all'efficienza feroce che sfiancava gli avversari. Quello stile aveva alimentato la passione della successiva generazione di giocatori, che hanno generato l'epoca migliore del tennis nazionale.
Non c'era più un uomo solo al comando, ma una squadra. Il cambio di passo diventa chiaro già all'Australian Open del 1985. Edberg supera in semifinale Lendl per 9-7 al quinto, poi in finale sfodera un capolavoro di serve and volley di fronte a Mats Wilander. È il suo primo Slam.
EDBERG, IL SIGNORE DELLA VOLÈE: GUARDA LA GALLERY
Al Madison Square Garden di New York nel gennaio del 1986 il tennis svedese si mostra al mondo al suo meglio. In campo, per la finale del Masters di doppio 1985 ci sono quattro giocatori svedesi. Edberg, numero 5 del mondo allora e vincitore dell'Australian open, gioca con Anders Jarryd, 24 anni, spesso considerato "lo svedese senza volto".
Lui sì che è un combattente nato, a Wimbledon quell'anno ha quasi fermato Boris Becker in semifinale. Sono stati scelti come coppia di doppio per la finale di Coppa Davis del 1984, e hanno sconfitto in quattro set John McEnroe e Peter Fleming, che insieme hanno vinto sette volte il Masters. Affrontano Mats Wilander, che ha perso contro Edberg in finale all'Australian Open e vinto il Roland Garros, e Joakim Nystrom.
Wilander è cresciuto rubando lo stile con gli occhi: da piccolo imitava i colpi dei campioni del passato e dei suoi avversari. Ha studiato anche il servizio di Edberg.
Con una 'prima' come la sua, disse una volta Wilander, "Stefan può permettersi di vincere anche senza pensare". Edberg invece pensa eccome, anche troppo. Educato, cordiale, amatissimo dai giornalisti per le risposte articolate, in campo gli basta un errore per farsi assalire dai dubbi.
Ma nella finale del Masters, non ne ha. Edberg e Jarryd dominano il primo set, nel secondo recuperano da sotto 0-3, allungano al tiebreak e dal 3-5 conquistano quattro punti di fila. Vincono 6-1 7-6. Edberg, dirà a fine carriera al Corriere della Sera, ha sempre cercato di tenere dentro le emozioni durante le partite.
Soprattutto, sentiva di essere diverso da Borg e non voleva essere assimilato al suo stile. “E' stata una mia scelta, mi piaceva semplicemente essere me stesso in campo: e non mi andava di stare tutta la giornata a colpire palline”.
Con Borg, condivide il coach Percy Rosberg che aveva convinto l'Orso a passare al rovescio a due mani. Rosberg gli assegna una serie di esercizi con la corda e per gli adduttori, perché arrivi a potenziare l'elasticità delle gambe: non li aveva mai fatti fare a Borg. I risultati si vedono. Edberg diventa numero 1 del mondo di doppio il 9 giugno 1986, e lo rimane per 11 settimane, fino al 24 agosto.
Stefan Edberg
Con una prima di servizio come la sua, Stefan può permettersi di vincere anche senza pensare.
Il 1986 è una stagione particolare, l'unica con due edizioni del Masters nell'anno solare. Si torna infatti a giocare a dicembre. Edberg partecipa sia in singolare al Madison Square Garden, battuto in semifinale dal grande rivale Boris Becker, sia in doppio alla Royal Albert Hall di Londra. Cambia la formula, dall'eliminazione diretta alla divisione in due gironi con semifinali e finali, non i vincitori.
Edberg e Jarryd stavolta superano in finale i francesi Guy Forget, numero 1 a fine anno nel ranking di doppio, e Yannick Noah. Edberg perde appena nove punti al servizio.
"Non avremmo potuto giocare meglio di così" ha detto Edberg. Jarryd, reduce da due interventi al ginocchio, non può che essere d'accordo. Noah, invece, si lamenta di chiamate dubbie dei giudici di linea, dei rumori di stoviglie e degli odori dei piatti che venivano consegnati per pranzo agli spettatori nei palchi.
Edberg inizia il 1987 con il secondo Australian Open in singolare, nel 1988 vince Wimbledon nella finale su Lendl conclusa al lunedì. Nel 1989 perde due finali Slam, conquista il ventesimo titolo ATP a Tokyo e si presenta all'ultima edizione newyorchese del Masters con l'obiettivo di cancellare la reputazione di “perdente di lusso” nelle grandi finali.
Al Madison Square Garden piega Ivan Lendl in semifinale e si ripete nel match per il titolo contro il campione in carica Becker. “Avevo bisogno di questo successo” commenta. “Inizierò a credere di più in me stesso, perché so di avere il tennis per aspirare a diventare numero 1 del mondo”.
STEFAN EDBERG AL MASTERS: GUARDA LA GALLERY
Becker vince il primo set, cede il secondo al tiebreak e di fatto smette di lottare. “Ero stanco mentalmente e fisicamente. Non tanti capiscono quanto possa essere combattuta una partita. Probabilmente se avessi vinto il tiebreak avrei festeggiato una vittoria facile in tre set” ha detto il tedesco, sconfitto 4-6 7-6 6-3 6-1.
“Se resteremo in salute, uno di noi due è destinato a diventare il prossimo numero 1 del mondo” spiega Becker, che due settimane dopo domina Edberg in tre set in finale di Coppa Davis a Stoccarda, che la Germania Ovest vincerà 3-2. La profezia si rivela azzeccata.
Becker è il più fiero avversario di Edberg, che lo batte nelle finali di Wimbledon nel 1988 e nel 1990. Il tedesco, che ha chiuso la carriera con 25 vittorie in 35 scontri diretti, non gli ha dato alcuna chance in quella del 1989.
Nel '90 la vittoria a Cincinnati lo sospinge al numero 1 e a un'impresa riuscita solo a John McEnroe: arrivare in vetta a entrambe le classifiche. Resta 72 settimane non consecutive al numero 1 del mondo in singolare, chiude in testa il 1991 e il 1992 in cui festeggia gli ultimi trionfi Slam allo Us Open su Jim Courier e Pete Sampras, che ha sempre sconfitto nei major.
Trionfi con un tennis che oggi non si vede più. “Nessuno gioca più il serve and volley, non ci sono variazioni nello stile di gioco” ha detto. “Mi piacerebbe vederlo più spesso, è un peccato che l'arte nel tennis sia svanita”.
Nessuno gioca più il serve and volley, non ci sono variazioni nello stile di gioco. Mi piacerebbe vederlo più spesso, è un peccato che l'arte nel tennis sia svanita.