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Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria: 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo. Ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidiani, fino a domenica 25 settembre
di Enzo Anderloni | 21 settembre 2022
Roger Federer ha annunciato che la Laver Cup sarà il suo ultimo torneo, la chiusura di una carriera straordinaria che insieme a 20 titoli del Grande Slam, 103 tornei vinti complessivamente e 237 settimane consecutive da n.1 del mondo, ha cambiato per sempre l’immagine del tennis, diventato popolare come mai prima grazie all’eleganza del suo stile di gioco e al suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo. Nei giorni dell’addio all’attività agonistica ripercorriamo insieme la sua storia di formazione, dai primi colpi di racchetta fino alla consacrazione dei primi trionfi, in sei capitoli quotidi a domenica 25 settembre
Capitolo 1: gli anni irrequieti delle elementari
Capitolo 2
Nel 1992 Roger Federer era classificato n.2 tra gli under 11 svizzeri. Nel 1993 si aggiudicò i campionati nazionali Under 12. Ma anche allora nessuno era convinto che potesse davvero diventare un numero uno, come lui continuava a sognare. Sì, faceva due o tre bei colpi, poi però doveva per forza buttar per terra la racchetta o dare in escandescenze
Peter Carter, l'allenatore australiano che lo segue, però continua il suo lavoro di formazione perché ha capito di avere tra le mani un diamante grezzo. L’australiano ha il carattere e i valori giusti per integrarsi con l’educazione famigliare di Casa Federer. E’ un tipo solare ma fermo; aiuta il giovane Federer a trovare, crescendo, il suo equilibrio.
Con la vittoria del titolo nazionale under 12 urge intanto una decisione: calcio o tennis? La passione per il pallone era infatti ancora fortissima e Roger giocava nelle giovanili del Concordia Basilea (mentre il suo amico Chiudinelli militava nei pari età dell’FC Basilea, la società più blasonata). Giocava centravanti il piccolo Federer ed era davvero bravino ma doveva scegliere. Durante la settimana poteva alternare tennis e calcio ma il fine settimana, momento in cui le partite con il pallone e con la racchetta si sovrapponevano, obbligava a una scelta.
“A calcio mi mettevano già in squadra con quelli più grandi e mi schieravano anche se saltavo qualche allenamento ma non avevo un gran sinistro. Scelsi il tennis” avrebbe poi raccontato. E tennis fu.
L’altra scelta importante che venne di lì a poco fu quella del rapporto con la scuola. Anche in Svizzera già allora era chiaro che il sistema scolastico non si conciliava con le esigenze dei giovani di talento che volevano affrontare un’attività sportiva di alto livello. Bisognava trovare una soluzione che conciliasse le due esigenze formative.
Così Robert e Lynette nel marzo del 1995 accompagnarono Roger a Ecublens, località sul lago di Ginevra, a ovest di Losanna per un provino di tre giorni al Centro Tecnico Nazionale della Federazione svizzera. Entrare tra i selezionati a Ecublens voleva dire poter frequentare la scuola al mattino e allenarsi al pomeriggio, dedicando il weekend ai tornei. I ragazzi erano seguiti in modo che alla sera non dovessero avere compiti da fare, visto che la sveglia suonava ogni giorno alle 6.30.
C’erano quattro posti a disposizione e 16 candidati. Il provino consisteva in una prova di corsa, un test fisico, la dimostrazione di vari colpi e un test-match nel quale venivano valutate sia la tecnica sia l’attitudine agonistica.
Il programma di lavoro del Centro tecnico era stato stilato dal grande tecnico francese Georges Deniau e portato avanti dal suo delfino Christophe Freyss per la parte tecnica e da Pierre Paganini per la preparazione fisica.
I due furono talmente impressionati dai test di Federer che gli offrirono immediatamente un posto al Centro. Appena risalito in macchina per tornare a casa Roger chiarì ai genitori la sua posizione: “Io in questo posto non ci metterò piede mai più”.
In realtà ci metterà piede eccome, pochi mesi dopo, a fine agosto, appena compiuti i 14 anni. E sarà una sua decisione. Il giovane Roger dopo il test era stato intervistato da un giornalista della rivista specializzata svizzera Smash, il quale gli aveva chiesto se pensava di entrare al Centro Tecnico. “Può essere, chi lo sa”, rispose Federer. E la sua risposta venne pubblicata sul giornale. Quando i genitori la lessero rimasero a bocca aperta e chiesero lumi al figlio che rispose. “Beh , se l’hanno scritto, vuol dire che vado”.
I primi sei mesi furono durissimi per lui. Parlava poco il francese e aveva nostalgia di casa. In più, ultimo arrivato, spesso veniva preso di mira dai compagni. Chi lo conosce bene, e tra questi Yves Allegro, tre grandi più grande di lui e anni dopo suo compagno di doppio in Coppa Davis, racconta che più di una volta era stato sul punto di abbandonare. Ma la decisione di andare a Ecublens era stata sua. I genitori non avevano esercitato su di lui alcuna pressione. Dunque ce la mise tutta per superare il momento, anche grazie al buon clima che trovava alla sera presso la famiglia che lo ospitava (così era organizzato il Centro tecnico: foresteria per i più grandi, sistemazione in famiglia per i più giovani). Comunque ogni week end tornava a casa dai suoi e si ritrovava con l’amico Chiudinelli, inseparabile compagno di giochi ai videogame ancor più che sul campo da tennis.
Roger aveva conquistato il titolo nazionale Under 14 poco prima di partire per Ecublens. Bravo dunque, ma per il misurato ambiente sportivo svizzero, dove il calcio, lo sci e l’hockey su ghiaccio facevano da sempre la parte del leone, rimaneva ancora solo un under di talento. Un buon elemento, non un fenomeno.
Il definitivo salto di qualità avvenne tra l’autunno del 1996 e la primavera del 1997, quando Federer aveva 15 anni. Venne convocato in nazionale per la World Youth Cup, un vero mondiale under 16, che in quell’anno era stato assegnato alla città di Zurigo.
Al primo turno la Svizzera ebbe in sorte la squadra australiana che aveva in forza il giovane fenomeno Lleyton Hewitt, già indicato dai tecnici di tutto il mondo come prossimo protagonista a livello assoluto. Hewitt, allenato al tempo da Darren Cahill, il compagno di allenamenti di Peter Carter livello giovanile, e davvero pronto ad esplodere: avrebbe vinto nel successivo mese di gennaio il primo titolo Atp, ad Adelaide, a soli 16 anni.
L’Australia vinse l’incontro con il punto decisivo del doppio, ma Federer mise sotto Hewitt: 4-6 7-6 6-4, dopo aver salvato un match point.
Adesso il quadro era più chiaro per tutti e per il tennis rossocrociato si avvicinava una svolta. Nel 1997 Martina Hingis vince in fatti il primo torneo del Grande Slam nella storia del tennis svizzero. Dopo la medaglia d’oro olimpica di Marc Rosset nel 1992 a Barcellona ecco un momento di attenzione per il tennis ancora più importante.
E’ di quell’anno la nascita del nuovo Centro tecnico federale a Bienne, nel Canton Berna, dove vennero riuniti tecnici di un notevole livello come l’olandese Sven Groeneveld, lo svedese Peter Lundgren e lo stesso Peter Carter ormai noto per il suo lavoro con Federer.
Roger si trasferisce lì. Non abita più in famiglia ma condivide un appartamentino con un collega più “anziano”. E’ proprio Yves Allegro che condivide con lui volentieri oltre ai due anni di allenamenti anche la vita domestica. Lo schema secondo Allegro era un classico: lui cucinava e Roger giocava alla playstation. Se richiesto faceva però la sua parte di lavori domestici senza protestare.
Quello che l’amico Yves invece notò subito sul campo fu una particolarità non comune di Roger: giocava molto meglio in partita che in allenamento. Il contrario di quello che avviene con i comuni mortali. In allenamento spesso si annoiava.
Nel gennaio del 1997 vinse i Campionati svizzeri under 18. Aveva solo 15 anni. Quella primavera mise anche il naso oltreconfine, venne a Firenze, dove perse al primo turno del torneo internazionale per Under 18 con l’italiano Davide Bramanti (due anni più grande di lui); a Milano per il trofeo Bonfiglio (dove raggiunse i quarti di finale prima di perdere con il peruviano Rodolfo Rake) e a Prato, dove invece si impose in finale sul croato Luka Kutanjac.
A titolo di curiosità vale la pena ricordare che i confronti con i suoi coetanei italiani, nelle stagioni precedenti non erano stati trionfali.
Nel 1995 quando la Svizzera incontrò gli azzurrini nel girone di qualificazione della Winter Cup under 14, Roger aveva perso in due set con il nostro Uros Vico, che l’avrebbe anche l’anno dopo al torneo under 16 di Torino. Nella Winter Cup under 16 del 1996 a superarlo fu Nahuel Fracassi, che però aveva un anno più di lui.
Sono risultati che confermano il fatto che anche il tennista più luminoso della storia è arrivato a brillare solo progressivamente, attraverso una maturazione non sempre lineare e a lunghi tratti è sembrato o sopravvalutato o incapace di esprimere appieno le proprie straordinarie doti naturali.
La vittoria a Prato rimase l’unica in quella stagione comunque importante che segnò anche il definitivo addio alla scuola. Roger chiese ai genitori di potersi concentrare soltanto sul tennis. Loro acconsentirono a patto che, se nel giro di qualche anno i risultati non fossero arrivati, lui sarebbe ritornato sui banchi.
Il problema non si sarebbe mai posto. Nel 1998 infatti Federer si impone definitivamente al mondo, anche se si tratta ancora di quello giovanile. Chiude l’anno al primo posto della classifica ITF Under 18 e si consacra campione mondiale juniores. A 17 anni, quindi con un anno di anticipo. (2- continua)