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Padel

Il riscaldamento, così trascurato ma importantissimo

Ad alti livelli lo fanno tutti, ma fra gli amatori il riscaldamento prima degli incontri di padel è qualcosa di rarissimo, quasi sconosciuto. Per prevenire gli infortuni e giocare meglio bastano 10 minuti, fatti con cura. Attenzione anche a defaticamento e idratazione post match

di | 11 aprile 2021

Generalmente, soprattutto a livello amatoriale, i giocatori di padel si dividono in due categorie: chi scende in campo senza il minimo riscaldamento e chi… mente. Al giorno d’oggi la nostra vita è spesso frenetica, ragion per cui risulta già difficile arrivare al campo in orario, figurarsi doverlo fare con magari una ventina di minuti d’anticipo per svolgere il riscaldamento.
Eppure dovrebbe diventare un abitudine sacra, anche prima di una banale partitella fra amici, perché un riscaldamento svolto con la giusta cura è fondamentale e può offrire dei benefici importantissimi, sia dal punto di vista della prevenzione degli infortuni sia da quello della prestazione. Perché iniziare una partita già caldi e pronti permette anche di giocare meglio, che fondamentalmente è l’obiettivo di chiunque metta piede su un campo da padel.

Con riscaldamento fisico si intendono dei movimenti pensati per permettere un’attivazione del nostro corpo, di tipo fisiologico e neuromuscolare. Dal punto di vista fisiologico, l’obiettivo del riscaldamento, come dice il termine stesso, non è altro che quello di aumentare leggermente la temperatura del nostro corpo, il che ci permette di svolgere gli esercizi (o i colpi) successivi con maggiore efficacia.

Senza un riscaldamento adeguato, invece, i muscoli del nostro corpo corrono principalmente due rischi: il primo è che non siano pronti a rispondere agli sforzi richiesti (perché non caldi a sufficienza), il secondo – e più pericoloso – è che si possa addirittura incappare in dei guai muscolari, come contratture o strappi. Uno scenario che può costare settimane e settimane di lontananza dai campi da padel, ma la cui probabilità può essere ridotta (seppur non annullata) grazie a un buon riscaldamento.

Attenzione: non bisogna pensare al padel solo come uno sport “di braccio”, e quindi concentrarsi solo su un riscaldamento finalizzato alla parte alta del corpo, in particolare ai muscoli estensori e flessori dell’avambraccio, per tenere alla larga il rischio epicondilite. Il padel è uno sport dai movimenti veloci e repentini, con tanti cambi di direzione, quindi durante un incontro vengono sollecitate molto caviglie, ginocchia o anche.
Per questo, oltre a spalle, gomiti e polsi, l’attivazione muscolare deve coinvolgere anche le gambe, partendo magari da una corsetta leggera e poi a ritmo più sostenuto, per arrivare a dei brevi scatti (avanti-indietro, ma anche laterali) e a dei saltelli sul posto, magari aiutandosi con la classica corda.

Per quanto riguarda invece la parte superiore del corpo, che durante la partita subisce sollecitazioni diverse, è consigliato dagli esperti eseguire degli esercizi attraverso l’utilizzo degli elastici, che negli ultimi anni sono diventati particolarmente in voga fra i tennisti, e quindi anche fra i professionisti del padel. Il motivo è semplice: la forza restituita dall’elastico durante un esercizio è la stessa impartita dal giocatore, che quindi può controllare l’esercizio a piacimento senza rischiare sovraccarichi.

Fissando l’elastico dove si preferisce (i giocatori usano spesso il paletto della rete), si può lavorare su movimenti di estensione e flessione dei vari muscoli del braccio, portandoli a temperatura per poi simulare le classifiche azioni di gioco che si andranno a eseguire di lì a poco: servizio, dritto, rovescio, volèe, bandeja, smash e via dicendo. Lo si può fare sia con la pala in mano sia senza, o – meglio ancora – in entrambe le versioni: prima senza o poi con.

Non serve dedicare al riscaldamento un’eternità: bastano una decina di minuti in tutto, ma se svolto con la giusta attenzione può diventare un prezioso alleato, sia per evitare rischi sia per giocare meglio fin dai primi punti.

Ugualmente importante, e forse ancora più trascurato, il defaticamento e lo stretching al termine della partita. I professionisti della racchetta l’hanno reso qualcosa di intoccabile, fra vasche di ghiaccio e altri metodi per accelerare il recupero, mentre fra gli amatori è totalmente ignorato.

Specialmente in questo momento in cui gli spogliatoi dei centri sportivi sono chiusi da Dpcm, appena finisce l’ora o l’ora e mezza di gioco in molti si fiondano immediatamente in auto, per tornare a casa. Sbagliato. Fatta eccezione per l’eventualità in cui un giocatore abbia accusato dei traumi muscolari durante la partita (in quel caso meglio evitare, si potrebbe aggravare la lesione), il cooldown dovrebbe essere sempre svolto, al pari del riscaldamento.

L’obiettivo principale degli esercizi di defaticamento è quello di mantenere un buon apporto di sangue nei muscoli, in modo da iniziare a eliminare le sostanze (leggi acido lattico, ma non solo) che si vengono a creare durante l’attività fisica, e per fornire ai muscoli i nutrienti necessari per il recupero. In più, è fondamentale anche l’idratazione, sia di bevande ricche di sali minerali sia della sempre acqua.

Non è raro vedere giocatori bere fra le tre e le quattro bottigliette d’acqua nelle ore che seguono un incontro: l’amatore non deve arrivare a tanto, visto che generalmente lo sforzo è inferiore (e spesso anche più breve), ma bere tanta acqua dopo una partita garantisce un recupero migliore. Proprio come un riscaldamento fatto come si deve permette di giocare meglio. Venti minuti, dieci prima e dieci dopo, che anche a livello amatoriale possono fare la differenza. Provare per credere.

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