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Nel corso dei primi anni della sua carriera Popyrin si è allenato in tre continenti diversi: prima Oceania (Australia), poi Stati Uniti (Florida) e quindi Europa, fra Francia, Spagna e Italia.
Nel suo periodo in Spagna, precisamente ad Alicante, il tennista australiano si è trovato come vicino di casa Alex De Minaur, anche lui fra i giovani più futuribili del Tour.
Fra 2011 e 2012 Popyrin ha trascorso parecchie settimane in Italia, allenandosi col Riccardo Piatti e il suo team al Bordighera Lawn Tennis Club 1878. Lui stesso ha attribuito al coach comasco tanti meriti nella propria crescita.
Nato in Australia da genitori russi, Alexei Popyrin ha trascorso l’infanzia girando il mondo al seguito degli impegni lavorativi di papà, che l’hanno portato prima da Dubai, poi in Florida da Bollettieri, quindi in Spagna, Francia e anche in Italia, dove fra 2011 e 2012 si è affidato alle sagge mani di Riccardo Piatti. Poi ha scelto la Mouratoglou Academy, casa della sua esplosione, iniziata a metà 2018 e proseguita nella stagione successiva, con l’ingresso fra i primi 100 del mondo, l’esordio in Coppa Davis, il terzo turno a Melbourne e New York e le prime vittorie di spessore.
Risultati importanti che confermano qualità evidenti già da anni, e diventate chiarissime a tutti quando nel 2017 ha vinto in serie il Trofeo Bonfiglio e il Roland Garros juniores, salendo al numero 2 della classifica mondiale under 18. L’immediato passaggio fra i professionisti ne è stato la conseguenza, e nel giro di due anni il gigante australiano ha bruciato tutte le tappe intermedie, presentandosi nel circuito maggiore con l’intenzione di lasciare il segno in fretta, grazie a un tennis che miscela potenza e imprevedibilità.
Nel suo caso, l’asticella degli obiettivi è fissata molto in alto, perché ad accompagnare talento ed esplosività ci sono anche 196 centimetri, che nel tennis di oggi fanno sempre più comodo. Gli tolgono qualcosa dal punto di vista della mobilità, ma restituiscono tutto al servizio, una delle armi principali del suo tennis. Ciò che latita, invece, è la continuità e la capacità di esprimersi sempre agli stessi livelli. Un problema che a vent’anni è comune a tanti, ma per puntare davvero in alto andrà risolto. Il tempo è dalla sua parte.