Il Profilo
Il titolo del 2013 al Roland Garros juniores, quando batté Alexander Zverev in finale, sembrava promettere grandi cose fin da subito. Invece, mentre lo sconfitto si è presto affermato come uno dei big del Tour, il vincitore Cristian Garin ha avuto bisogno di una manciata d’anni per trovare la strada giusta, peregrinando fra varie basi (compresa la Rafa Nadal Academy di Manacor) a caccia della soluzione ideale. L’ha trovata a Buenos Aires, con Andres Schneiter, che l’ha aiutato a rendere un vantaggio – e non più un limite – il suo fisico massiccio, e a dare così sfogo a tutto il suo potenziale.
Da quando nel maggio del 2018 Garin è entrato fra i primi 200 al mondo non si è più fermato. Cinque mesi dopo era già fra i primi 100, nel 2019 è salito nella top-50 ancora grazie a due titoli ATP (Houston e Monaco di Baviera), e nel 2020 si è presentato in fretta fra i primi 20, trionfando a Cordoba e poi anche al Rio Open, suo primo ATP 500. Il tutto sulla terra battuta, che a sentir lui non è nemmeno la superficie ideale per il suo tennis, visto che gli preferisce il cemento e se deve scegliere uno Slam da vincere punta a occhi chiusi sullo Us Open.
Soprannominato “Gago” o “Tatan”, Garin è figlio di due ingegneri, Sergio e Anna Medone, e ha iniziato a giocare a tennis all’età di 5 anni. Cresciuto ammirando Federer, Moya, Safin e Coria, adora il basket NBA. A oltre dieci anni di distanza dai successi di Gonzalez e Massu ha restituito agli appassionati cileni un motivo per seguire il tennis, trovando il suo miglior rendimento proprio nel momento in cui il suo “gemello” Nicolas Jarry è stato sospeso per aver fallito un controllo antidoping.